La famiglia genera mostri! Ecco la recensione del nono episodio di American Horror story: Cult: Drink the Kool-Aid.
[Attenzione! L’articolo può contenere spoiler!]
Jim Jones, David Koresh e Marshall Applewhite. Tre nomi che ancora fanno tremare l’America. Tre leader famosi di tre culti della personalità che hanno portato i loro fedeli ad un suicidio collettivo. Il potere di manipolare tante vite con la sola forza della parola.
È quasi surreale sentir raccontare le loro gesta da Kai, mentre ne loda l’eroismo e li dipinge come precursori di qualcosa di più grande e nobile. Kai, tuttavia, sta parlando del suo destino. Non è di certo un caso che tutti questi personaggi siano interpretati dall’inimitabile Evan Peters. Il messaggio è chiaro: non solo Kai desidera intraprendere le loro orme, ma è già come loro, una figura carismatica in grado di plasmare le vite altrui.
Questo desiderio d’essere un punto di riferimento, non solo un leader, ma soprattutto un “padre”, si riversa persino su Oz, il figlio di Ally e Ivy, a cui Kai fa credere d’essere il vero padre.
Mentre il proprio figlio cade nel tranello di Kai, Ally (Sarah Paulson) invece dimostra la sua autentica trasformazione. Kai l’ha cambiata, le ha fatto raggiungere il parossismo del terrore, distruggendola e ricreandola. Vicina al baratro, Ally è sopravvissuta solo grazie ad una cosa: la ferocia! E sappiamo bene che non esiste nulla di peggio al mondo di una donna umiliata.
Ally arriva fino al punto d’ingannare lo stesso Kai per salvare Oz. È il primo passo: l’allievo supererà il maestro?
Intanto, però, Kai chiede una prova di fede alla sua nuova “famiglia“, un gesto d’amore estremo che dimostra ancora una volta come sia ormai caduto nell’abisso…
La famiglia, in fondo, è parte di noi, un cerchio stretto che ci abbraccia o di strangola. La famiglia richiede sacrifici e qualche volta… genera mostri.