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American Horror Story: Cult 7×10 – Recensione

La follia che dorme in tutti noi! Ecco la recensione del nono episodio di American Horror story: Cult: Charles (Manson) in Charge.

American Horror Story: Cult 7x10
American Horror Story: Cult 7x10

La follia che dorme in tutti noi. Ecco la recensione del decimo episodio di American Horror story: Cult: Charles (Manson) in Charge.

American Horror Story: Cult 7×10

[Attenzione! L’articolo può contenere spoiler.]

Kai Anderson non smette mai di sorprenderci (così come Ryan Murphy con AHS).

Quando è iniziata la follia di Kai? Forse, quando sono morti i suoi genitori. D’altronde, ci vuole un certo pelo sullo stomaco per rimanere impassibili di fronte alla propria madre che spara al marito e poi si toglie la vita. Nascondere, inoltre, i corpi in casa in una sorta di morboso santuario non è d’ulteriore aiuto.

Forse, però, ha ragione Winter: Kai ha iniziato a mostrare segni di squilibrio dopo essere stato nella Casa degli Orrori del Pastore Charles. Vedere persone massacrate e torturate lascia il segno in certe persone.

Ma se dietro al comportamento di Kai ci fosse dell’altro? Se qualcuno lo avesse “ispirato” a scatenare le sue idee estreme per un doppio fine? È così con sorpresa che scopriamo che Bebe Babbitt, l’amante di Valerie Solanas, è stata la terapeuta di Kai che, vedendo del potenziale distruttivo in lui, lo ha reso lo strumento perfetto per scatenare la rivolta delle donne!

La furia femminile.

Kai ha superato di certo ogni aspettativa di Bebe, però, diventando una bomba fin troppo efficace e distruttiva, mentre avanza nel panorama politico americano. Punire un nuovo avversario politico diventa, allora, causa scatenante per ispirarsi ad un altro eroico leader secondo Kai: Charles Manson. Da lì a poco lo stesso Manson si presenterà nelle allucinazioni del ragazzo (altra grande performance di Evan Peters).

Io non sono un fantasma, amico. Sono ancora vivo. (Non ancora per molto, caro Charlie)

Evan Peters si è superato in questa nuova stagione di American Horror Story, arrivando ad interpretare fino a sette personaggi diversi con straordinaria bravura.

Charles Manson vs Peter Evans

Dopo essere diventato un leader e un punto di riferimento, tuttavia, la stabilità di Kai sta venendo messa a dura prova… e da buon sociopatico che si rispetto la paranoia inizia a montare con prepotenza nel giovane. Che sia l’inizio della fine per Kai?

Ciononostante, una cosa dalla storia di Anderson è di certo chiara. Kai non è nato mostro. Lo è diventato. Forse, come molti di noi, portava in sé fin dalla nascita quel briciolo di follia dormiente che solo con l’accadimento di certi avvenimenti si sarebbe potuto esprimere nella realtà. Questo germe, però, è cresciuto un passo alla volta, così come un po’ alla volta Kai si è “rotto” dentro. Era destino che accadesse? Forse, no, ma così è stato. Kai Anderson ha lasciato entrare nella sua vita la paura e sembra proprio che lui sarà il prossimo a venirne divorato.

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