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Audition – Recensione

Audition - Recensione
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Un revenge porn in puro stile orientale. La recensione di Audition (contiene spoiler)

Audition è un film del 1999 diretto da Takashi Miike e con Ryo Ishibashi e Eihi Shiina. Il regista giapponese ha una lunga filmografia alle spalle ma questo film in assoluto è considerato fra i suoi capolavori di punta. Grazie a Wanted Cinema che ha portato al cinema questo capolavoro dell’horror asiatico in versione restaurata, CG Entertainment ha potuto portate per l prima volta in Blu-ray Audition in un’esclusiva edizione da collezione numerata, accompagnata da un booklet testuale e fotografico. Negli extra: “Introduzione di TaKashi Miike”, “Interviste al cast”, “Intervista al regista” e “Trailer originale”.


Aoyama (Ryo Ishibashi) è un uomo rimasto vedovo, che vive solo con suo figlio (Tetsu Sawaki) e dirige un’azienda di sua proprietà. Il figlio adolescente lo spinge a tornare a vivere e a considerare di risposarsi ed è da qui che nasce l’idea, con un amico che lavora come produttore cinematografico (Jun Kunimura), di indire un’audizione per un futuro film fasullo, in modo da poter attirare giovani ragazze tra cui Aoyama potrà scegliere la sua futura moglie. Tra le tante giovani donne presentatesi al casting, Aoyama rimane colpito in modo fulmineo e indelebile dalla bellissima ed eterea Asami (Eihi Shiina), ma non sa che sotto quel viso angelico si nasconde un abisso di oscurità. Audition, nonostante sia un film datato, porta alla luce temi quanto mai pregni di attualità.

Innanzitutto, è presente un’acuta e pungente disamina degli stereotipi tradizionalmente legati al maschilismo: in particolare, nella conversazione che avviene al bar tra il nostro protagonista e il suo amico produttore, ne viene fatta una lista accurata. Ed ecco che l’uomo vuole avere la moglie bella, giovane, obbediente ma gentile, sottomessa ma con molti talenti, pronta a soddisfare ogni sua necessità o desiderio, ridotta a futile oggetto decorativo e di intrattenimento.

I curricula delle giovani attrici vengono sfogliati da Aoyama con la stessa trascuratezza con cui potrebbe essere “swippato” un moderno Tinder ante litteram, in cui si scartano le ragazze innanzitutto in base all’aspetto fisico e, secondariamente, in base alla loro presentazioni e ai loro interessi o capacità. Inoltre è presentissimo il tema degli abusi perpetrati dall’uomo sulla donna sia in ambito sportivo che professionale, un tema che viene presentato allo spettatore in modo violento, come un vero e proprio pugno allo stomaco. I flashback ci illuminano sul fatto che una giovanissima Asami non riesce a portare avanti il suo sogno di diventare ballerina classica senza ricevere molestie dal suo maestro e invece, nei giorni attuali, non riesce nemmeno a presentare un disco ad una casa discografica senza che le vengano richiesti altri favori. E, più o meno consapevolmente, anche Aoyama fa lo stesso mettendo in scena il casting fasullo insieme al suo amico.

È quindi forse vero che nel mondo dello spettacolo (sia esso attinente alla musica o alla cinematografia) l’unico mezzo per affermarsi per una donna sia la possibilità di vendere se stessa come un pezzo di carne al mercato? Questo film crea senza dubbio un rimando al movimento Me Too, nato nel 2017, quindi molti anni dopo la sua uscita nei cinema.

Un altro elemento interessante su cui puntare i riflettori è il contrasto netto, ma sempre dal sapore amaro, fra la visione d’amore “romantico” del nostro protagonista Aoyama, che è alla ricerca della sua donna ideale, una donna che desti il suo interesse da tutti i punti di vista, e la visione più materialistica, più coi piedi per terra e più tragicamente disincantata di Asami, che ha già vissuto il dolore dell’abuso e dell’abbandono e che nulla di positivo e romantico vede nelle figure maschili che costellano il suo passato e ora il suo presente.

Un’ideale romantico quello di Aoyama, certo, ma pur sempre alla sua maniera: si può considerare romantico, forse, scegliere una donna in base a caratteristiche fisiche e abilità particolari (come saper suonare, danzare o cantare), quasi come se si stesse per acquistare un cane di razza? Probabilmente entrambe le visioni possono definirsi brutali, con la differenza che Aoyama pensa che il suo sia un punto di vista quasi poetico, pur essendo assolutamente crudele, mentre Asami è ben cosciente della crudezza della sua realtà.

La figura di Asami si pone in netto contrasto con quella che è la tradizionale figura giapponese della Geisha, andando a rappresentare un anti-tipo terrificante e, al tempo stesso, dissacrante, gettando crudelmente in faccia allo spettatore la dura realtà che si celava dietro una figura così venerata e ammirata nel panorama e nella cultura orientale.

Alla fine, la catarsi di Asami avviene nel sangue, così come, pur non volendolo, quella di Ayoama: l’ultima sequenza, la più splatter e la più attesa dell’intera pellicola, diventa metafora di redenzione. Una redenzione spietata, simbolica, terrena ma anche ultraterrena, tramite la quale Aoyama finalmente troverà il suo amore ideale, ingenuo, tenero, mentre Asami porrà finalmente fine alla sua spirale di sofferenze.

Titolo: Audition
Titolo originale: オーディション Ōdishon
Regia: Takashi Miike
Attori: Ryo Ishibashi, Eihi Shiina, Tetsu Sawaki, Jun Kunimura.
Paese: Giappone, Corea del Sud
Anno: 1999
Genere: Horror, Drammatico, Thriller
Durata: 115 minuti

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