L’uccisione di animali veri impedisce a Cannibal Holocaust di essere un capolavoro?
Voglio approfittare dell’uscita in home video clamorosa di Midnight Factory dedicata a Cannibal Holocaust in 4K Ultra HD + Blu-ray, per togliermi un sassolino dalla scarpa. Tutti sappiamo che il film diretto nel 1980 da Ruggero Deodato è uno dei lavori più controversi nella storia del cinema a causa delle sue scene di violenza estremamente realistiche verso gli esseri umani ed, purtroppo, reali verso gli animali; è diventato un accentratore di odio da parte di animalisti o semplici simpatizzanti del regno animale. Una pellicola però pionieristica, che fonda il genere found footage, dove viene raccontata la storia di una squadra di documentaristi spietati di cui si perdono le tracce dopo che si sono inoltrati nella giungla amazzonica alla ricerca di una tribù di cannibali.
L’opera è celebre per aver sfidato i limiti di ciò che è moralmente accettabile nel cinema a causa della rappresentazione di violenza sugli animali, una pratica che il regista ha ammesso essere autentica. Tuttavia, è molto importante considerare che questo aspetto all’interno di un contesto cinematografico più ampio, dove la violenza sugli animali non è affatto un’esclusiva di questo film.
La discriminazione esclusiva nei confronti di Cannibal Holocaust può essere considerata ingiusta se si pensa che la violenza sugli animali è stata rappresentata in molti altri film senza che questi sollevassero un’indignazione paragonabile. Un esempio può essere “Apocalypse Now” del 1979 di Francis Ford Coppola, dove c’è la scena del sacrificio del bufalo, realizzata senza effetti speciali. Oppure, in Oldboy di Park Chan-wook, il protagonista mangia un polpo vivo e quest’ultimo si avvinghia al suo volto mentre viene ucciso; per ottenere la ripresa giusta sono stati sacrificati 7 polpi. Nel film Lo Hobbit di Peter Jackson sono morti 27 animali, tra cui pecore, capre, polli e un cavallo. Queste morti avvennero non durante le riprese, ma nelle fattorie dove gli animali erano alloggiati, a causa di presunte negligenze e condizioni insalubri. In Ben-Hur per la realizzazione della scena con le bighe più di 100 cavalli morirono durante le riprese; la ragione di una tragedia simile è da attribuire al fatto che la produzione promise alle controfigure un premio in denaro per chi avesse vinto la gara.
Insomma, spesso nel cinema si è passato sopra tantissime cose, le condizioni di lavoro, la sicurezza degli attori e degli animali. C’è chi è morto per negligenza o errori di valutazione, vedi l’incidente nel film corale prodotto da Spielberg e Landis “Ai confini della realtà” nel quale, durante le riprese, un elicottero schiantandosi uccise decapitandoli, Vic Morrow e due comparse, Myca Dinh Le e Renee Shin-Yi Chen (che erano dei bambini). Oppure ne Il Corvo, dove Brandon Lee morì per il colpo di una pistola che non doveva essere carica.
Ora potrei andare avanti nell’esporre le nefandezze che il cinema ha regalato pur di perseguire il suo scopo, sia volontariamente che per “leggerezza”, ma se l’uccisione di un polpo in un film scandalizza meno di quella di una scimmia o di una tartaruga, c’è qualcosa che non mi torna. Se consideriamo che una spedizione nella giungla ha come prassi quella di portarsi appresso degli animali vivi, da poter uccidere e mangiare successivamente, e che a detta di Ruggero Deodato gli animali uccisi nelle riprese sono stati mangiati dalla tribù indigena che li accompagnava, mi viene da chiedere ai moralisti dell’ultima ora che cosa li eleva a essere moralmente superiori, se poi quando necessario si recano al supermercato a comprare ogni sorta di pezzo di carne, qual è la differenza tra la brutalità di uccidere il proprio cibo di fronte a una cinepresa o lasciare lo sporco compito a uno sconosciuto in un mattatoio. Un luogo dove chiunque di noi “civilizzati” che vi facesse un giretto ne uscirebbe sotto shock.
L’arte va ammirata e sostenuta anche quando è sporca di sangue? Prendiamo ad esempio la Muraglia Cinese, opera che ha visto centinaia di migliaia di persone morire nella sua costruzione. La strage in questione non ha impedito a migliaia di turisti di visitarla per ammirarne la grandezza e magari farsi anche un selfie. Ma c’è una grandezza anche in Cannibal Holocaust e se mi dicessero di scegliere cosa salvare tra un edificio costruito per difendersi dai nemici e un film innovativo capostipite di un genere non avrei dubbi su cosa scegliere. Salverei il film di Ruggero Deodato, perché è un film brillante, con un montaggio alternato che fa scuola e con un senso del realismo così convincente da far arrestare il regista per la presunta scomparsa dei protagonisti. Nell’opera c’è spazio per raccontare come il nostro mondo è falso, ipocrita e corrotto, e come si possa manipolare l’informazione e l’opinione pubblica a proprio favore. Sullo sfondo ci sono gli indigeni nella loro giungla, puri e spontanei, privi di certe dinamiche tossiche che appartengono al mondo moderno.
È sbagliato uccidere animali per ottenere un effetto scenico “gratis” come ha fatto Ruggero Deodato e molti altri. Ma quando si parla di arte, e il cinema lo è, Cannibal Holocaust lo è, non si dovrebbe fare i moralisti in modo discriminante, soprattutto se non si ha la coscienza pulita. E se Caravaggio, dopo aver ucciso delle persone, continua ad essere apprezzato dagli amanti dell’arte, penso che gli amanti del cinema debbano riconoscere la qualità e l’importanza del cinema di Deodato.
Un’opera come Cannibal Holocaust si meritava un’edizione 4K da collezione come quella della Midnight Factory, che oltre ad avere una qualità superlativa è arricchita da tantissimi contenuti extra come scene tagliate, documentari e interviste a Ruggero Deodato, Eli Roth, Roberto Forges Davanzati (operatore), Antonello Geleng (scenografo), Manlio Gomarasca, Umberto Lenzi e l’attore Carl Gabriel Yorke.