La famiglia Belmont torna in azione in Castlevania la controversa serie animata prodotta da Netflix.
Castlevania è una serie animata di Netflix prodotta da Ari Shankar, diretta da Sam Deats e scritta da Warren Ellis, che riprende e reinterpreta gli eventi di uno dei capitoli della celeberrima omonima saga di videogiochi: Castlevania III Dracula’s Course. L’annuncio, qualche mese fa, era stato accolto con clamore dai fan del gioco, un po’ perché inaspettato, un po’ perché la storia (anche recente) degli adattamenti dai videogame è spesso stata infelice.
La trama è ambientata nel XV secolo nella regione della Valacchia, terra di origine del conte Dracula. Racconta della vendetta del conte che si scatena contro l’umanità, rea di avergli portato via la moglie, e del ritorno in azione di Trevor Belmont, ultimo discendente della decaduta casata Belmont, famiglia votata alla lotta contro le creature delle tenebre.
Castlevania ricalca abbastanza fedelmente temi, atmosfere e personaggi principali (manca il pirata Grant, ma si può tranquillamente soprassedere) dell’episodio della saga da cui è tratta, e li accompagna con un look anime azzeccato. Affronta anche senza remore il tema della caccia alle streghe e della corruzione nella chiesa a quei tempi. Ma purtroppo, con nostro immenso dispiacere, il buono che c’è nella serie si ferma qui.
Come ogni adattamento, dev’essere stato molto delicato costruire una trama funzionale al formato, partendo da un media differente. E infatti il problema di Castlevania non è tecnico, né riguarda la sceneggiatura, che seppur non originale né ispirata, fa il suo dovere. Il grosso punto debole di questo prodotto è il posizionamento, criticità che va ad influire su tutti gli aspetti della serie.
Cosa vuol dire e perché?
Prima di tutto, è possibile definire serie un prodotto di quattro puntate da 20 minuti? Come pensa Netflix di coinvolgere nel famoso binge watching gli spettatori, quando dopo poco più di un’ora è tutto finito? A nostro modo di vedere la prima stagione di Castlevania non è altro che un teaser spacciato per serie. È corta, racconta poco e pone solo delle basi. Motivo per cui, tra l’altro, sarebbe stato poco plausibile farne o un lungometraggio, perché in quel caso l’effetto “ma che fate, mi prendete per i fondelli?” sarebbe stato ancor più amplificato. Non è possibile neanche considerarla un OAV perché non è caratterizzata da una altissima qualità tecnica. Inoltre, qual è il senso di questa “serie”? È in programma una seconda stagione nel 2018, ma sorge spontanea una domanda: come sarà? Sarà più lunga e articolata o ricalcherà i passi di questa prima? Nel primo caso, non vediamo il motivo di “affamarci” con questa stringata prima parte. Nel secondo caso, vediamo ancor meno sensato dividerla in due (o più) parti, e addirittura fatichiamo a concepire la struttura ad episodi di un prodotto che avrebbe potuto benissimo uscire sotto forma di lungometraggio animato di un paio d’ore, senza peraltro dover accusare in fase di scrittura la necessità della struttura seriale (fine, svolgimento e chiusura degli episodi).
La nostra conclusione, quindi, è che Castlevania non sia una serie realizzata male, bensì pensata male. Intanto noi videogiocatori continuiamo speranzosi ad attendere un adattamento fatto come si deve. Prossima fermata del delusion tour: film di Uncharted.