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Charlie Says: Manson e la sua Family tornano al cinema il 22 agosto

Charlie Says uscita
Charlie Says
Charlie Says

Arriva nelle sale cinematografiche italiane Charlie Says, il film che racconta la storia delle “Manson’s Girls”.

Charlie Says di Mary Harron (regista di American Psycho) si preannuncia un pellegrinaggio psichedelico nei meandri dell’animo di Charles Manson. Tale percorso è vissuto attraverso le vite delle “Manson’s Girls” e guidato dall’attivista femminista Karlene Faith.

Charlie Says non è dunque il classico docufilm su quei, purtroppo noti, fatti di cronaca californiana accaduti nell’estate del 1969 ma vuole raccontare, in un poliedrico gioco di prospettive tutte al femminile, l’incanto ed il disincanto della cultura hippie attraverso i giovani occhi di Sadie (Susan Atkins), Katie (Patricia Krenwinkel) e Lulu (Leslie Van Houten). Le ragazze erano appartenute alla setta comunemente conosciuta come “Manson Family” e vennero condannate all’ergastolo per i crimini che commisero a Cielo Drive e che furono commissionati appunto da Manson (tra cui, è doveroso ricordarlo, il brutale assassinio di Sharon Tate, moglie del noto regista Roman Polanski, che all’epoca dei fatti si trovava a Londra per le riprese di Rosemary’s Baby).

Ebbene, Charlie Says vuole imporsi agli occhi della critica come riscatto sociale e strumento di redenzione di quelle ragazze, che appena maggiorenni e con situazioni familiari disagiate alle spalle, erano desiderose semplicemente di attenzioni. Charles Manson all’interno della sua “Family” è riuscito egregiamente a far leva su insicurezze e mancanze proprie di chi, come Katie, è stata vittima di bullismo a scuola, o di chi, come Sadie, a causa della malattia della madre, è stata costretta a fare la stripper per guadagnarsi da vivere, o di chi, come Lulu, a soli 15 anni ha iniziato a far uso di sostanze stupefacenti.

Charlie Says

Così, Mary Harron prova a raccontare il carisma di Manson attraverso il personaggio della femminista, Karlene Faith (responsabile del “Santa Cruz Women’s Prison Project”). La donna aiutò le “Manson’s Girls”, negli anni della prigionia, a recuperare esse stesse e la loro umanità, disancorandosi dal gioco fatale di quel criminale che le aveva plasmate a propria immagine e somiglianza, ed accompagnandole nella ricerca introspettiva del loro vero IO.

Emarginazione, abbandono e plagio si contrappongono dunque ad illusori sentimenti di fiducia, accettazione ed idolatria.

Il film, distribuito dalla No.Mad Entertainment, uscirà nelle sale cinematografiche italiane tra meno di un mese (esattamente il 22 Agosto) con Matt Smith nei panni di Charles Manson. Sono sicura che Charlie Says sarà colmo di tensione e sarà capace di risucchiare lo spettatore all’interno dell’Helter Skelter Mansoniano.

…e mi ritrovo a scrivere questa conclusione sulle note appunto di Helter Skelter di Rob Zombie e Marilyn Manson (a cui il criminale mandò una lettera dal carcere nel novembre del 2012):

Quentin Tarantino al festival di Cannes ha detto “Siamo affascinati da Manson perché non riusciamo a comprendere. Facciamo ricerche, leggiamo libri, ascoltiamo podcast e vediamo speciali in tv ma alla fine tutta questa storia è ancora più oscura e misteriosa” ed in effetti il costante richiamo al conflitto interrazziale, la brutalità di quei crimini commessi in un’utopica esaltazione del concetto di fratellanza, il culto dell’eros e il profondo senso di accettazione profuso da Charles Manson ai propri adepti è qualcosa che il mondo non riuscirà mai a capire e non sarà mai capace di dimenticare.

Svastica in fronte, distruttore di inibizioni, appassionato di magia nera ed esoterismo, a distanza di circa due anni dalla sua morte continua ancora a far parlare della sua influente personalità. Che dire, non vedo l’ora di andare al cinema a godermi lo spettacolo.

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