Everybloody’s End, l’apocalisse è vicina. Intervista al regista-cult Claudio Lattanzi

Everybloody's End - Intervista a Claudio Lattanzi
Everybloody’s End – Intervista a Claudio Lattanzi

In un tempo indefinito, all’interno di un bunker sotterraneo, cinque persone (tre uomini, un dottore ed un teologo) lottano per la sopravvivenza mentre  fuori, in un mondo devastato dalla guerra e dalla pestilenza, squadroni della morte di ex militari, chiamati gli Sterminatori, crocifiggono ed uccidono chiunque trovano sulla propria strada, alla ricerca del “Paziente Zero”, il cui sangue infetto ha dato origine al Male ed alla pandemia. Ma nella ricerca di una cura i cinque iniziano a sospettare uno dell’altro ed a dubitare della sicurezza del nascondiglio. 

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Con Everybloody’s End Claudio Lattanzi torna, dopo 32 anni, dietro la macchina da presa per il suo secondo film non documentaristico, omaggiando gli anni d’oro dell’horror italiano, con un cast di veterani del Cinema della paura come: Giovanni Lombardo Radice, Cinzia Monreale e Marina Loi ed un team di tecnici ed artisti conosciuti ed apprezzati da ogni fan del cinema di genere: Sergio Stivaletti (effetti speciali di Make Up), Massimo Antonello Geleng (supervisore alle scenografie), Ivan Zuccon (direttore della fotografia) e Luigi Seviroli (colonna sonora), ma lo fa senza scadere in una semplice operazione nostalgica e, soprattutto, senza abusare di zombi ed infetti, presenza inflazionata delle pellicole a tema post-apocaliptico moderne,  imbastendo invece una sceneggiatura, scritta da Antonio Tentori (Un gatto nel cervello, I tre volti del terrore, L’isola dei Morti Viventi, Dracula 3D) che, anche alla luce del periodo di paura ed incertezza che stiamo vivendo, non potrebbe essere più attuale. 

I più giovani tra i lettori potrebbero non conoscere molto di Claudio Lattanzi, dato che il suo primo film da regista, Killing Birds, risale al 1987 e, oltre ad essere stato girato in Louisiana con quasi tutti attori di madre lingua Inglese, lo ha firmato con lo pseudonimo di Claude Milliken, ma nella sua lunga carriera ha lavorato con alcuni dei filmmaker icona della cinematografia horror e gialla, a cominciare da Dario Argento e Michele Soavi, a cui ha fatto da assistente alla regia per: Dario Argento’s World of Horror, Deliria e La Chiesa, fino ad Aristide Massaccesi (alias Joe D’Amato), che produsse Killing Birds.   

L’amicizia di lunga data che lo lega a Soavi lo ha portato a dirigere il docufilm  Aquarius Visionarius – Il Cinema di Michele Soavi (2018), che abbraccia l’intera carriera dell’autore di Dellamorte Dellamore ed ha riscosso giudizi entusiasti, sia dal pubblico che dai critici, ai festival di tutta Europa.
Everybloody’s End è si un omaggio ai classici degli anni ’70 ed ’80, ma anche un lavoro molto personale ed autoriale che, nel suo epilogo, ambientato in un teatro abbandonato dove viene proiettato il Nosferatu di F.W. Murnau, diventa quasi metafisico, grazie alla efficace fotografia di Ivan Zuccon (uno degli alfieri del cinema horror indipendente italiano), che da al film un aspetto plumbeo bluastro, quasi metallico. Disponibile in tutti i più conosciuti negozi online, sia in DVD che in Blu-Ray ed in una “limited edition” con il CD della colonna sonora, Everybloody’s End è un altro passo verso la rinascita del Cinema Horror Italiano che stiamo auspicando da tempo.

Per i lettori di NAQB abbiamo intervistato il regista Claudio Lattanzi.

NAQB: Da “Killing Birds” a “Everybloody’s End” passano ben 32 anni, quali sono le ragioni di questo lungo periodo di inattività prima di tornare dietro la macchina da presa per un film vero e proprio e cosa ti ha impegnato nel frattempo?

Claudio Lattanzi: Certo, è passato molto tempo, ma non sono rimasto inattivo per tutti questi anni, dopo Killing Birds avrei dovuto dirigere  La Casa 4 – Witchcraft, prodotto sempre dalla “Filmirage” di Aristide Massaccesi (Joe D’Amato), ma che venne invece affidato a Fabrizio Laurenti. Avevo scritto la prima stesura del soggetto, nonostante non sono mai stato accreditato da nessuna parte, così i nostri rapporti si sgretolarono ed io lasciai la società. In seguito ho scritto sceneggiature per la televisione, romanzi e racconti horror e thriller e programmi televisivi, quindi si può dire che, anche se non ho diretto alcun film, sono rimasto nel settore del Cinema.  Gli unici anni in cui sono rimasto inattivo sono stati sei o sette durante gli anni novanta, periodo in cui mi sono sposato, ho avuto dei figli e mi sono occupato di cose totalmente differenti, perchè mi ero stancato di questo lavoro. Avevo anche smesso di frequentare Michele Soavi, perchè durante le riprese de La setta c’erano state delle discussioni con la produzione, così rimasi ad aiutarlo per circa due settimane e poi me ne andai. Ma sai benissimo che non puoi davvero lasciare questo lavoro, specialmente se ci sei cresciuto dentro ed hai condiviso i set con Dario Argento e Michele Soavi. A dire la verità non pensavo di fare un altro horror, ma in quegli anni ci fu la transizione dalla pellicola al digitale, anche il modo di montare i film era cambiato completamente ed ero molto curioso riguardo alle nuove tecnologie. Incontrai Stefano Balassone, un produttore televisivo proprietario di una società che si chiamava “Interferenze” ed iniziai a lavorare con lui, imparando tutto sulle nuove cineprese ed il sistema di montaggio e riprendendo a scrivere per la televisione. Nel 2008 ottenni un finanziamento statale per un cortometraggio che si intitolava: La vita è già finita? e che fu anche proiettato al Festival Internazionale del cortometraggio di Clermont-Ferrand, dopodiché iniziai a scrivere un libro su tutte le persone importanti del Cinema che ho incontrato nel corso della mia carriera e sull’impatto che avevano avuto nella mia formazione. Ho fatto una pausa nella scrittura del libro perchè da li mi è venuta l’idea di fare Aquarius Visionarius, il Cinema di Michele Soavi, che ho girato nel 2018, poi quando il digitale ha raggiunto, se non superato, la qualità della pellicola, permettendoti di realizzare un lavoro professionale anche con poco budget, sono finalmente tornato al mio vecchio amore per l’horror con Everybloody’s End.

NAQB: Cosa è realmente successo con “La Casa 4”? Ho letto molte notizie discordanti al riguardo…

Claudio Lattanzi: Come ti ho detto, scrissi il soggetto originale e lo avrei dovuto anche dirigere. Ci avevo lavorato insieme a Daniele Stroppa, che scrisse invece la sceneggiatura e Bette Davis avrebbe dovuto interpretare la Strega. È la mia attrice preferita, l’ho sempre amata ed ho visto tutte le sue pellicole, sarei andato da lei sulle ginocchia pur di averla nel nostro film. Sfortunatamente si ammalò e mi sembra di ricordare che morì l’anno seguente, così la parte andò a Hildegard Knef. Joe D’Amato poi affidò la regia a Fabrizio Laurenti e, ancora oggi non so perchè, non mi ha mai dato credito come autore del soggetto, una scorrettezza che mi ha fatto davvero arrabbiare. Tra l’altro posso provare quello che dico, dato che ho la sceneggiatura del film con il timbro  della “Filmirage” dove è scritto: “Storia originale di Claudio Lattanzi”. 

NAQB: Comunque Aristide Massaccesi è pur sempre stato un po’ il tuo mentore e ti ha dato l’opportunità di dirigere il tuo primo film: “Killing Birds”, come vi siete incontrati? 

Claudio Lattanzi: Avevo visto alcuni dei suoi film horror, come  Buio Omega  ed Antropophagus e lo conobbi grazie a Michele Soavi, che aveva lavorato per lui come elettricista ed assistente alla regia. Il mio primo lavoro fu quello di aiuto regista per Soavi nel documentario Il mondo dell’orrore di Dario Argento e poco dopo Michele mi chiese se volevo essere il suo assistente per un film horror che un produttore, Massaccesi, gli aveva proposto di dirigere (Deliria). Così mi presentò ad Aristide ed iniziai a lavorare per la “Filmirage”, la sua casa di produzione. Era una persona divertente, ma allo stesso tempo molto esigente, nonostante facesse B movies, con piccoli budget, li faceva sembrare produzioni con a disposizione molti più soldi. Lavorare con lui è stata per me una esperienza molto importante, che mi ha permesso di imparare questo lavoro in maniera professionale, una cosa che oggi non è più possibile fare. 

NAQB: “Killing Birds” è a tratti un po’ criptico, è stato detto che fu a causa di più riscritture della tua sceneggiatura originale e del fatto che D’Amato ti chiese esplicitamente di cambiare alcune parti, al punto che qualcuno ha anche asserito che il film lo ha in realtà girato lui! Ci racconti come è andata realmente?

Claudio Lattanzi: Ho iniziato a lavorare alla “Filmirage” nel 1986, accettando qualsiasi tipo di incarico. Aristide vedeva in me una persona meticolosa e precisa che faceva le cose con passione. Deliria fu un grande successo e vinse il “Premio Paura” al prestigioso “Avoriaz Fantastic Film Festival”, per cui la “Filmirage” divenne presto una piccola ma stimata società di produzione che aveva cominciato a produrre anche altri horror. Durante le vacanze di Natale avevo scritto un breve soggetto, di circa 12 pagine, dal titolo “The obsolete gate” (Il cancello obsoleto), che gli mostrai, lui lo lesse e dopo qualche giorno mi richiamò dicendomi che gli era piaciuto e che ci si poteva lavorare sopra per farne un film. Mi fece cambiare un po’ il soggetto, inserendo la backstory del Picchio dal Becco d’avorio, un uccello estinto che era stato visto per l’ultima volta in Louisiana, dato che là lui aveva degli agganci per poter girare ed era più semplice realizzare un film che in Italia. La prima stesura del soggetto che avevo scritto era improntata sugli zombi, ma dopo i suggerimenti di Aristide scrissi una seconda versione che chiamai “Artigli”; poi lui ci mise ancora mano e insieme allo sceneggiatore Daniele Stroppa cambiò anche il titolo in Killing Birds, perchè secondo lui “Artigli” sembrava un documentario sui gatti! Anche se a me quel titolo non è mai piaciuto. Comunque da subito Aristide mi offrì di girarlo io, perchè il soggetto era il mio, mi aveva visto lavorare con Soavi e aveva notato la mia passione per il genere; naturalmente lui avrebbe supervisionato il tutto e mi avrebbe dato dei consigli ed aiutato se fossi stato in difficoltà. Negli anni sono state poi dette molte fregnacce, come il fatto che io non avevo scritto il soggetto e che il film lo aveva girato quasi tutto lui, ma ti posso assicurare che Killing Birds è un mio film, che ho seguito fino alla fine, dalle musiche al montaggio. Io ero sul set e ci sono delle riprese che sono tipiche del mio stile e si riconoscono perfettamente, anche se sono dispiaciuto perchè non è venuto come volevo che venisse, a causa di alcuni problemi di post-produzione, come la scena finale ed altre cose che se si fossero fatte in maniera diversa, forse ne sarebbe venuto fuori un film migliore. Anche i diversi titoli con cui venne distribuito hanno generato confusione: Zombie 5; Killing Birds… il pubblico non capiva se era una pellicola sugli zombi o su degli uccelli assassini. Troppe persone hanno lavorato alla sceneggiatura, se avessimo girato “Artigli”, il secondo soggetto che avevo portato ad Aristide, penso che sarebbe stato un film più lineare, in cui accennavo pochissimo agli uccelli e sarebbe stato un tipico zombie movie, come io volevo che si facesse. 

NAQB: È vero che la casa che appare all’inizio del film è la stessa di “L’Aldilà” di Fulci?   

Claudio Lattanzi: Si, non è però la casa dove si svolge la storia, ma quella dove i ragazzi  vanno a trovare il cieco, il Dottor Fred Brown, uno specialista di ornitologia interpretato da Robert Vaughn, mentre il resto del film lo girammo in una casa abbandonata vicino a Thibodaux, una frazione a circa 60 Km da New Orleans.  

NAQB: Arriviamo a “Everybloody’s End”, cosa ti ha portato nuovamente dietro la macchina da presa? 

Claudio Lattanzi: È stata per me una vera e propria esigenza, ero arrivato ad un punto della mia vita in cui volevo tornare a dirigere un horror, avevo qualcosa da dire e mi volevo rimettere in gioco, ma soprattutto volevo creare un horror un po’ diverso da quelli che, soprattutto nelle produzioni indipendenti, si vedono oggi. Gli Spagnoli, al festival di Sitges dello scorso anno, hanno detto che questo è: “…un film autoriale e molto sperimentale”, definizione di cui io sono molto contento. Volevo fare un omaggio ai film degli anni ottanta, a quelle atmosfere che pervadevano le pellicole di quel periodo, girandolo come si faceva allora, con i carrelli, le macchine a mano e gli effetti speciali  meccanici e di make-up non digitali, ovviamente modernizzando la storia. Volevo coinvolgere attori e tecnici con cui ho lavorato all’inizio della mia carriera o che erano famosi in quel periodo, così ho avuto un incontro con Antonio Tentori, scrittore, sceneggiatore e giornalista che conosco da tantissimi anni, ma con cui non ho mai lavorato insieme e che ha scritto sceneggiature e soggetti per  registi del calibro di: Lucio Fulci, Bruno Mattei e Dario Argento, solo per citarne alcuni; abbiamo così iniziato a scrivere la sceneggiatura di Everybloody’s End. All’inizio doveva essere un omaggio alla famosissima casa di produzione Britannica “Hammer Films”, che negli anni ’60 e ’70 ci ha dato i film in technicolor di Dracula e Frankenstein e di cui in particolare adoro Il marchio di Dracula, con Christopher Lee, una pellicola violentissima che mi ha sempre affascinato ed a cui volevo ispirarmi. Poi però abbiamo un po’ abbandonato quell’idea, perchè volevamo fare qualcosa di più personale, che fosse più nostro, ovviamente non ho inventato niente di
nuovo ed abbiamo utilizzato le tematiche ed i canoni classici del cinema horror, però ho cercato di fare qualcosa che mi rappresentasse e che strizzasse l’occhio a registi come Paul Morissey e Jesus Franco, che io amo. Ho poi chiamato sul set un cast eccezionale, da Giovanni Lombardo Radice, con cui avevo lavorato in
Deliria e La Chiesa, a Cinzia Monreale, che era apparsa in L’Aldilà e Buio Omega,  fino a Marina Loi, che era nel cast di Demoni 2 e Zombie 3. Sono stato felice che abbiano accettato di mettersi in gioco in una produzione low budget abbastanza massacrante, dove abbiamo lavorato per tre settimane, dalle otto di mattina alle dieci di sera! Ho poi coinvolto tre giovani attori: Veronica Urban, Tania Orlandi e Lorenzo Lepori, che è anche un filmmaker (Catacomba) e ho miscelato la professionalità di attori di lunga esperienza con volti nuovi del Cinema Italiano.  

NAQB: Si può dire che “Everybloody’s End” sia un omaggio al cinema di genere italiano, anche sotto il profilo tecnico ti sei circondato di alcuni dei nomi che hanno fatto la storia dell’horror nostrano, da Antonio Tentori a Sergio Stivaletti, da Antonello Geleng fino a Ivan Zuccon come direttore della fotografia…

Claudio Lattanzi: Ho reclutato una grande squadra di tecnici: Sergio Stivaletti ha realizzato tutti gli effetti di make up ed ha perfino un cammeo come attore, Antonello Geleng, che ha vinto il “David di Donatello” per le scenografie di Dellamorte Dellamore ed ha lavorato per: Federico Fellini, Lucio Fulci e Dario Argento, ha curato la supervisione artistica e mi ha dato molti consigli, poi ho coinvolto Ivan Zuccon, che è il montatore di fiducia di Pupi Avati, nonchè un apprezzato regista Horror (Color from the Dark, Wrath of the Crows e Herbert West Re-Animator, per ricordarne solo alcuni), come direttore della fotografia ed infine ho avuto la colonna sonora di Luigi Seviroli, autore delle musiche del TV Movie di Michele Soavi Nassiryia, per non dimenticaree di Ultimo – Caccia ai Narcos, che è stata un importante valore aggiunto.

NAQB: Come è stato lavorare con Ivan Zuccon, anche lui un regista di horror?

Claudio Lattanzi.:  Devo essere sincero, all’inizio ero un po’ preoccupato di lavorare con un altro filmmaker, pensavo che ci potessimo scontrare sul tipo di fotografia che volevo dare al mio film, invece devo dire che si è rivelato essere una persona veramente squisita, discreta e molto professionale, che ha creato una fotografia bellissima. Io volevo un look quasi Caravaggesco, c’è quasi sempre la nebbia nelle scene ed il film è molto claustrofobico, Ivan ha fatto un grande lavoro, la sua fotografia, fatta di chiari e scuri, è quasi tridimensionale. Non abbiamo mai discusso e mi auguro di lavorarci ancora insieme. 

NAQB: Il titolo è un gioco di parole tra “everybody” e “bloody”, come è nato?

Claudio Lattanzi: I titoli sono per me sempre una cosa difficile da trovare, anche questo non è stato semplice, è un gioco di parole che, mentre si coglie subito in Inglese, è un po’ più arcaico da comprendere in italiano, che suona come: “il sangue di ognuno finirà”. È stato coniato da un mio amico, lo scrittore Federico Monti, con cui collaboro e con cui ho scritto diverse sceneggiature, un giorno gli ho chiesto un consiglio su che titolo dare al film, gli ho raccontato la storia ed il coinvolgimento che ho avuto nella sua scrittura, la personalizzazione che volevo dare al mio lavoro e lui mi ha risposto: Everybloody’s End, per me era perfetto, un titolo che per questo film funziona alla perfezione.

NAQB: So che collezioni pellicole originali in 35mm di diversi film, come è nata questa tua passione e quali titoli hai nella tua collezione?

Claudio Lattanzi: Si, ho la mania di collezionare pellicole in 35mm. Mi è nata tanti anni fa, quando ancora non esistevano le videocassette, io collezionavo film in Super 8, in quegli anni in Inghilterra c’era la “Deran Films” che stampava i films in questo formato ed io ne avevo comprato molti. Poi però ho abbandonato il Super 8 ed ho cominciato a raccogliere titoli in 35mm, che è il formato professionale proiettato al cinema, anche se le pizze con la pellicola sono molto voluminose e hai bisogno di parecchio spazio per conservarle, oltre che di un grande proiettore. Sfortunatamente oggi, non avendo più uno spazio adeguato, molti film li ho dovuti dare via, ma ne ho tenuti una ventina,   quelli che ritengo più importanti, sono quasi tutte pellicole di “genere”, molte di Dario Argento, come Profondo Rosso o la copia in Technicolor di Suspiria, il film della mia vita, un opera che considero perfetta, che ho studiato e visto 77 volte al cinema, oltre a non so quante altre volte in differenti formati. Posseggo anche: Inferno, Tenebre, Phenomena, Opera nella copiauncut”, Demoni di Lamberto Bava, La casa dalle finestre che ridono e Zeder,di Pupi Avati, Zombi 2, Assassinio sull’Orient Express, Zombi di George Romero, Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato… insomma, opere che mi piace tenere. Questa mia piccola collezione continuo a custodirla gelosamente e sicuramente c’è in me del feticismo, ogni collezionista è un po’ paranoico, quando ho avuto nelle mie mani Suspiria, ho quasi pianto per l’emozione di possedere una delle copie in 35mm che furono proiettate per la prima volta nel 1977, quando il film di Argento fu distribuito per la prima volta. So che tu mi capisci perchè collezioni manifesti cinematografici. E poi questo è pur sempre un modo per preservare per le generazioni future parte della storia del Cinema.

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Roberto E. D'Onofrio
Studioso ed appassionato di Cinema Fantastico, è nella redazione della rivista Francese “L'Ecran Fantastique” e corrispondente Italiano di “Rue Morgue”. E’ stato vice Direttore di “Asylum Magazine” e dell'Asylum Fantastic Fest ed ha scritto per: “Fangoria”, “Gorezone”, “Horror Mania”, “Nocturno”, “SciFi World”, “Femme Fatales” e “Cinefantastique”. Amo l'Horror, la Fantascienza, il Fantasy, i fumetti, la musica Rock ed i gatti. Sono un collezionista compulsivo di manifesti e memorabilia cinematografica legata a questi generi, con oltre 8000 poster non ho più posto neanche per il letto!