Un compleanno da paura: Evil Dead 2 celebra l’anniversario dei suoi trent’anni
Sam Raimi, lo stesso geniale regista del film “La casa”, ha appena finito di girare il seguito di quella terribile vicenda. Qualche anno fa. Soltanto qualche anno fa. In questo tenebroso bosco, in questo tranquillo chalet di montagna accadde qualcosa… qualcosa di terrificante, qualcosa di agghiacciante, qualcosa di diabolico, qualcosa che ogni essere umano si augura non debba accadere mai più.
C’è qualcosa là fuori. Qualcosa che vuole tornare dal mondo dei morti…
[Dal trailer italiano de La casa 2 (1987)]
13 marzo 1987. Stati Uniti. Si spengono le luci. Striscia in sala la voce di un uomo morto, mentre mari rossi di sangue divorano le tenebre. Accadde tutto trent’anni fa, eppure sembra ieri che Evil Dead 2: Dead by Dawn (in Italia La Casa 2) invase i nostri cinema (1° ottobre 1987), si insinuò nelle nostre case e contagiò le nostre vite. Molti di noi ricordano ancora con chiarezza la prima volta in cui sono “entrati” in quello chalet fra i boschi. Può apparire un commento nostalgico, ma la stessa opera di Sam Raimi ci porta a tanto dato che, nonostante lo sviluppo delle tecnologie e gli anni trascorsi, essa mantiene intatta la propria bellezza e originalità come poche altre pietre miliari del genere horror. Vista una volta, ti scorre dentro per sempre.
Evil Dead 2, così come il suo predecessore nel 1981, è una pellicola carismatica, frutto di una sapiente alchimia tra storia, musiche, effetti e fotografia. Sebbene sfoggi nel titolo il numero due, però, sappiamo bene che Dead by Dawn non è un semplice seguito, ma quello che oggi possiamo definire un reboot. Di certo, una scelta all’avanguardia per i tempi! Preservando il mood spettrale, i dettagli e molte situazioni già esposte nei precedenti capitoli, il secondo sviluppa e arricchisce il registro della saga tra colpi di genio e aggiornamenti. Questa volta ad affrontare gli inarrestabili deadites troviamo solo Ash Williams, incarnato dall’immancabile Bruce Campbell, e la sua ragazza Linda, interpretata da Denise Bixler in sostituzione di Betsy Baker (la Linda precedente) all’epoca incinta, a cui si aggregheranno poi personaggi tutti nuovi. Tuttavia, se nella pellicola passata si era dimostrato un personaggio dimesso e spaventato, Evil Dead 2 consacra il protagonista Ash come icona horror anni ‘80, l’unica positiva di quel periodo, al pari di mostri sacri come Pinhead, Jason Voorhees e Freddy Kruger. La fortuna di Ash sta tanto nell’avvincente recitazione di Campbell che qui sfoggia ai massimi livelli le sue doti da mimo, stuntman e comico, quanto nella caratterizzazione più coinvolgente del personaggio. Ash non è un eroe nel senso stretto del termine, ma un uomo normale che si trova a fronteggiare un orrore incognito. Ha sempre paura, rasenta la follia dinanzi a un mondo che ha del tutto perso il suo senso logico, si ritrova dapprima solo e assediato, poi posseduto. Si abbatte, si sconvolge, si mutila, ma proprio quando è sul punto di cedere si rialza e combatte ancora. È un antieroe in cui ci si ritrova perché alla fine mostra sempre d’avere una forza d’animo ammirevole, nonostante le sue debolezze. Ash è il sopravvissuto, è colui che resta. Ash è quello che non voleva essere un eroe, ma la vita l’ha incastrato. Non a caso, Williams è persino l’unico che è riuscito a divincolarsi dalla morsa delle tenebre e a respingere la possessione, dimostrando che anche il Male ha un punto debole e l’umano può essere più forte. Inoltre, ha una motosega al posto della mano. Dobbiamo aggiungere altro?
Trent’anni fa Sam Raimi, Bruce Campbell e Robert Tapert (il magico trio creativo dietro la saga dei deadites) erano ancora ben lontani da prevedere così grandiosi successi. A dirla tutta, in realtà, lo stesso Raimi non stava vivendo un periodo molto buono. Infatti, dopo il successo di Evil Dead, Raimi era tornato al suo primo amore, la commedia, dirigendo Crimewave – I due criminali più pazzi del mondo (1985) coscritto insieme ai fratelli Coen. Il giovane regista aveva scommesso tutto sul quel prodotto, in quanto preoccupato per la sua carriera che faticava a decollare. Parallelamente Irvin Shapiro, il produttore che si era occupato del lancio pubblicitario di Evil Dead, insisteva perché Raimi realizzasse un suo seguito, ma il regista voleva aspettare a dedicarvisi, sicuro che Crimewave sarebbe stato un successo. Invece, il film fu un totale flop e Raimi, sconfortato, decise d’acconsentire alla richiesta di Shapiro che, senza il consenso del giovane, aveva lanciato comunque da tempo l’annuncio pubblicitario di Evil Dead 2.
Raimi questa volta era intenzionato a realizzare un film all’altezza delle sue idee. Trovare i fondi, però, non fu semplice dato che, oltre alla sua giovane età, aveva alle spalle un solo successo e tanti prodotti per lo più amatoriali. Tuttavia, un aiuto inaspettato giunse dall’Italia, e personalmente mi scalda un po’ il cuore pensare che Evil Dead 2 sia un po’ italiano. Infatti, fu Dino De Laurentiis a finanziare Raimi, investendo 3.6 milioni di dollari sul progetto. Il produttore italiano era da tempo che teneva d’occhio il giovane regista, fin da quando Evil Dead era stato un acclamato favorito al Festival di Cannes nel 1981. Già in passato aveva proposto a Raimi di collaborare con la “Filmauro” per dirigere L’occhio del male (1996), tratto dal romanzo omonimo di Stephen King, ma questi aveva rifiutato. Sorprendentemente, ad avvisare De Laurentiis che il ragazzo era impegnato nella realizzazione di Evil Dead 2, fu lo stesso Stephen King che all’epoca per il produttore stava dirigendo Brivido (1986). Lo scrittore era fan di lunga data del primo film tanto da averne scritto un’accorata recensione sulla rivista The Twilight Zone dove lo aveva definito “l’horror più brutalmente originale dell’anno”. Venutone a sapere casualmente durante un pranzo con la troupe, King non perse occasione di contattare De Laurentiis che colse così la palla al balzo!
“Evil Dead ha la semplicità e la forza evocativa delle storie che si raccontano intorno ad un fuoco da campo, ma questa semplicità non è certo dovuta al caso. È invece il risultato di uno sforzo mirato di Raimi che è tutto fuorché ovvio. Durante una vacanza cinque studenti, due ragazzi e tre ragazze, trovano in una baita abbandonata un antico libro (Il libro dei morti, opera nel filone di Lovecraft) che li trasforma, uno alla volta, in zombie. Il protagonista del film, Bruce Campbell, è il solo risparmiato. L’unico modo di liberarsi di questi zombie è di farli a pezzi. Per fortuna c’è a disposizione una motosega e…
Tutto ciò non sembra un granché; però la stessa cosa si può dire di Hansel e Gretel o di Barbablù nelle mani di un narratore privo di talento. Quello che Raimi riesce a ottenere in Evil Dead è un nero arcobaleno dell’orrore. Il trucco dei suoi zombie viene da L’esorcista, la trama dai film di Romero (dai medesimi film anche l’espediente del tagliare a pezzi – ricordate lo sceriffo idiota de La notte dei morti viventi che salmodia “bruciateli o sparategli… ma continuano a muoversi piano… sono morti, sono tutti a pezzi…”?) e il suo piccolo gruppo di attori va dagli appena accettabili (Ellen Sandweiss e Betzy Baker) agli abbastanza bravi (Bruce Campbell e meglio ancora Hal Delrich).
Ma allora cosa funziona così bene? Quello che funziona è soprattutto Sam Raimi. È talmente bravo che un altro meno dotato di lui non riuscirebbe a fare altrettanto bene, anche a costo di “mangiarsi” un pezzo di Raimi. In Evil Dead, la macchina da presa ha una specie di fluidità da incubo che ci fa ricordare il primo John Carpenter: la cinepresa si tuffa, scivola e infime zooma così rapidamente che viene voglia di coprirsi la faccia con le mani. […]”
[Recensione di Stephen King su Evil Dead in The Twilight Zone Magazine (1982), traduzione di Fabio Migneco]
“Stephen King ci ha aiutato immensamente. Noi al più avremmo potuto presentare il film in giro ancora un po’ e cercare un distributore, ma alla fine le cose sarebbero potute restare così per sempre. Invece, quando King disse “No, a me questo film piace, è diverso”, puntò i riflettori su di esso.”
[Intervista a Sam Raimi su Fangoria, traduzione di Retronauta]
Prima di ricevere il finanziamento di De Laurentiis, però, la storia di Evil Dead 2 era già pronta. Terminata già durante le riprese di Crimewave, la sceneggiatura fu realizzata a quattro mani con Scott Spiegel, amico fin dai tempi del liceo di Raimi e Campbell che aveva partecipato già come attore in Within the woods (1978), il cortometraggio apripista della saga (parte 1, parte 2, parte 3). Evil Dead 2 venne alla luce a Silver Lake, Los Angeles, nell’appartamento di Raimi che non solo conviveva con Spiegel e coi fratelli Coen, ma anche con le attrici Frances McDormand, Kathy Bates e Holly Hunter. Quest’ultima fu diretta ispirazione per il personaggio di Bobby Joe, interpretata da Kassie DePaiva.
Gli autori scrissero diverse alternative prima di approdare alla storia che tutti i fan conoscono bene. Alcune, comunque, sono sicuramente familiari come l’intenzione di creare un vero e proprio sequel, con tanto di prologo e sequenze tratte dal primo film, in cui Ash approda nel Medioevo (idee entrambe riciclate in seguito ne L’armata delle tenebre (1992)). Altre, invece, sono piuttosto lontane dalla trama definitiva, come ad esempio la storia di un gruppo di prigionieri evasi che, alla ricerca di un tesoro sepolto nei pressi dello chalet, trovano e catturano Ash. Soprattutto per la questione economica, Raimi optò per reinventare la trama di Evil Dead. Infatti, Dead by Dawn risente fortemente dell’eredità dei suoi predecessori per personaggi, elementi narrati e addirittura intere sequenze, ma stavolta Raimi poté dare il massimo che tanto aveva desiderato per la sua saga grazie alla libertà creativa finalmente sostenuta da un budget adeguato.
Se Evil Dead era stata la poesia low budget del sangue e della paura, il seguito sviluppò un nuovo modo di raccontare l’orrore in maniera più consapevole e profonda. Evil Dead 2, in effetti, fu un film che infranse svariate barriere, ad esempio quella della contaminazione tra generi. Per l’horror nulla di nuovo sotto il sole. Film come Il cervello di Frankenstein (1948) con Gianni e Pinotto o Un lupo mannaro americano a Londra (1981) di John Landis hanno fatto storia. La tecnica intelligente e il perfetto equilibrio tra orrido e comico in Evil Dead 2, però, creò addirittura un genere del tutto nuovo: lo splatterstick, fusione tra “splatter” e “slapstick”, sottogenere comico anni ‘30 fondato sulla comicità fisica e gag semplici, tipiche di Tom & Jerry e dei Marmittoni di cui Raimi è amante. Infatti in certi momenti, effetti e situazioni tipicamente horror sono così esasperate da diventare “ultraviolente” e ridicole al punto da suscitare ilarità. Basti pensare alla scena della “stanza che ride” che, per quanto sia inquietante all’inizio, diventa così surreale da far credere allo stesso Ash d’essersi bevuto il cervello. (Palma d’oro alla testa di cervo posseduta e alla lampada a collo d’oca che fa la risata di Popeye!). Oppure la scena della mano che “picchia” Ash fino a sfociare nell’amputazione! Tra l’altro, l’idea della “mano assassina” non nacque a caso, ma fu un omaggio al cortometraggio “comico” Attack of the Helping Hand! (1979), scritto e diretto dallo stesso Spiegel ispirato alla mascotte dei prodotti della Hamburger Helper. Gli stessi Campbell e Raimi vi parteciparono, quest’ultimo nella parte di un lattaio. Un’altra scena ben nota è quella del geyser di sangue che investe Campbell nello chalet. Lo stesso Bruce racconta l’episodio nella sua prima autobiografia con fare tragicomico, in quanto non solo la scena fu drammaticamente girata più e più volte, ma per le successive settimane ogni volta che l’attore si soffiava il naso, “il moccio era ancora rosso brillante”. L’intera pellicola, dunque, è cosparsa d’elementi comici, a volte proprio delle chicche coglibili solo da un occhio veramente attento, come ad esempio quella del riferimento ironico a Hemingway. Infatti, intrappolando la propria mano amputata sotto un secchio, Ash lo blocca con una pila di libri tra cui spicca Addio alle armi (A Farewell to Arms) di Ernest Hemingway. Nella nostra lingua non rende, tuttavia in inglese suona come un simpatico gioco di parole in quanto “arms” non solo lo si può intendere come armi, ma anche arti. Letteralmente, “Un addio alle braccia”!
Tuttavia, Evil Dead 2 resta sempre un horror e non manca certo di scene truculente e da brivido. Anzi, Raimi fu costretto persino a tagliarne qualcuna, tra cui la morte di Bobby Joe. Infatti, dopo essere stato trascinato dai rami degli alberi, il personaggio finiva squartato a metà schiantandosi contro un tronco, ma tale sequenza fu tagliata per assicurarsi il rating R.
In questa sincronia perfetta tra horror e humor, entrambi i generi vengono esaltati. Proprio i momenti comici, in cui lo spettatore inizia a rilassarsi, danno all’orrore l’occasione di “schiaffeggiare” di sorpresa il pubblico, mentre l’orrido può prendersi tutta la libertà d’esagerare, sfociando nel ridicolo senza nulla togliere all’atmosfera. Forte di un ritmo sfrenato e una trama avvincente, il risultato è quello di un horror ironico e grottesco che si prende sul serio ma non troppo, in puro stile Campbell/Raimi.
La sperimentazione senza precedenti di Raimi ha fatto d’apripista a tanti registi, folgorati dal suo operato e dalla sua creatività. Un esempio eclatante è sicuramente Peter Jackson che, prima di partire per la Terra di Mezzo, esordì con Fuori di testa (Bad Taste) nel 1987 e Splatters – Gli schizzacervelli nel 1992, splatter demenziali che devono molto alla saga di Evil Dead. Forse, il segreto di Raimi sta non solo nella sua originalità, ma anche nella sua inventiva: Sam è sempre stato un regista che, nonostante le parche risorse, riusciva a dare il massimo, arrivando al punto di realizzare modi creativi e del tutto atipici solo per rendere “vive” le sue idee. Così è nata durante Within the woods la sua famosa “Shaky POV Cam” (“POV” sta per “point of view”, cioè punto di vista), un prototipo casereccio della steadicam, per rendere il movimento fluido del “Male” attraverso la soggettiva. Infatti, si trattava di una Super8 legata a un’asse di legno a sua volta retta da ambo i lati da due operatori che, correndo fra i boschi e nello chalet, permettevano di creare tale effetto visivo. Finalmente per Evil Dead 2, però, Raimi poté permettersi una vera steadycam, anche se non mancò di usarla in maniera alternativa, trasformandola anche in una sorta di ram-cam, ovvero un ariete cinematografico in miniatura in grado d’attraversare l’Oldsmobile da una parte all’altra. Raimi, quindi, per Evil Dead 2 non perse certo il tocco creativo con la videocamera. Anzi, fu all’avanguardia e quasi sperimentale sia nella tecnica di ripresa che nel montaggio. In effetti, grazie a uno strategico uso della Dolly Zoom (il montaggio veloce delle sequenze per inserire più azioni in un ridotto lasso di tempo), il film prende un ritmo adrenalinico ma fluido che catapulta lo spettatore nel pericolo con un semplice colpo d’occhio.
Nominare la creatività, tuttavia, porta a galla un altro punto di forza dell’intera pellicola: gli effetti speciali. Rigorosamente artigianali, make-up ed effetti sono un vero “piacere” per gli occhi degli amanti dell’horror e per la loro realizzazione Raimi decise di sfruttare al massimo ogni risorsa disponibile: litri di sangue finto, lattice, protesi, animazione stop-motion, pupazzi, props meccanici e ricostruzioni. Solo per realizzare la “mano posseduta”, per esempio, l’equipe impiegò addirittura tre diverse tecniche per il suo movimento: la prima era una mano finta controllata da un telecomando, la seconda in animazione stop-motion e, infine, la terza era la vera mano di uno del team, adeguatamente truccata da arto mozzato.
Alcuni effetti di Evil Dead 2, tuttavia, visivamente risultano carenti e artificiosi ma questo non lede la qualità delle scene, anzi il risultato grottesco e irreale o è stato sfruttato ingegnosamente per rendere più assurda la situazione o stemperato con qualche escamotage creativo attraverso l’uso della telecamera. Uno di questi episodi è possibile notarlo nella sequenza dell’incarnazione finale del Demone Kandariano, soprannominata scherzosamente dalla troupe stessa come “Testa di mela marcia” per via del suo aspetto. Tony Gardner, uno dei creatori e scultori FX del film, lavorò mesi su di esso e anche a ridosso delle riprese fu obbligato ad aggiungere numerose modifiche dell’ultima ora. Le teste delle vittime, infatti, furono applicate solo successivamente la creazione di Apple Head, per cui nessuna “funzionava” eccetto il collo di Henrietta. Questo problema, però, passa in secondo piano proprio grazie all’accelerazione delle sequenze e alla distorsione visiva creata per simulare la tempesta. In sé, il mostro fu comunque un’opera titanica: così come il ramo dell’albero che afferra Ash nella stessa scena, si trattava di una costruzione in rete d’alluminio alta 13 piedi, interamente ricoperta da lattice e schiuma e manovrata da 3 operatori. Il suo occhio, invece, era in gelatina, colmo di tubi per spruzzare i fluidi al colpo della motosega di Campbell. Un vero capolavoro! Non preoccupatevi però, Apple Head non è andata in pensione dopo il film: a fine riprese è stata donata a un lunapark locale per la sua casa stregata.
Quando si parla di effetti speciali, comunque, non si può non nominare Henrietta versione deadite! Durante la possessione, a celarsi sotto le spoglie della vecchietta, però, non c’è più Lou Hancock, bensì Ted Raimi, fratello minore di Sam. Insieme a Bruce, Ted fu certamente quello che subì più “torture” a causa del make-up. Per interpretare Henrietta, Raimi dovette indossare un aderente costume in lattice scomodo e non traspirante. Anzi, dentro al costume si accumulavano litri di sudore che a fine giornata andavano sempre drenati fuori dalla tuta, soprattutto per fare uscire Raimi. Persino in una sequenza è possibile notare il sudore grondare dall’orecchio di Ted, unica parte non ricoperta dal lattice, nel momento in cui Henrietta vortica sopra la testa di Annie. Per facilitare l’attore, le sue scene furono girate prevalentemente di notte per via della frescura, sebbene i riflettori del set producessero un caldo infernale. Tuttavia, durante le pause Ted fu costretto ad assumere grandi quantità di liquidi e a indossare una maschera d’ossigeno. Ovviamente tra un make-up che durava circa 6 ore e le riprese, Raimi era a dir poco sfinito e aveva l’abitudine d’addormentarsi nei posti più disparati. Si ritrovò addirittura ad appisolarsi dietro a un divano durante una festa a cui Bruce lo aveva trascinato!
La figura di Henrietta è ormai iconica per i fans, ma all’inizio doveva essere assai diversa da come tutti noi la conosciamo. Mark Shostrom, progettista e creatore FX del film, aveva pensato alla figura di Henrietta posseduta come magra e scheletrica, simile a quella della defunta Linda. La decisione di Sam Raimi di far interpretare il deadite a suo fratello, però, costrinse Shostrom a puntare su una figura più corpulenta per far passare Ted come una donna. Per la progettazione dei costumi, di norma, come ogni altro artista, i creatori FX si basano su modelli reali a cui far riferimento e ciò comportò per Shostrom l’ardua ricerca di foto di donne nude e abbondanti. Nella nostra quotidianità fatta di click, niente di più facile, ma nel 1986 non era così semplice. Dunque, a cercare qualche fotografia il progettista spedì Aaron Sims, collaboratore al make-up allora diciassettenne, che dopo una giornata intera tornò solo con un biglietto d’auguri raffigurante una donna nuda che usciva fuori da una torta! Per pura fortuna, Shostrom trovò comunque in biblioteca un libro dell’artista ceco Jan Saudek dedicati ai nudi artistici per risolvere il problema.
Dietro alla realizzazione di make-up ed effetti così speciali, abbiamo nominato fior, fior di professionisti. Tra questi, mossero persino i primi passi nella realizzazione del make-up il team formato da Greg Nicotero, Robert Kurtzman e Howard Berger, futuri maestri del settore. Infatti, stimolati dal successo di Evil Dead 2, nel 1988 i giovani avrebbero fondato la “K.N.B. EFX Group”, uno studio di effetti speciali che avrebbe lavorato a più di 400 prodotti televisivi e cinematografici, tra cui Pulp Fiction (1994), Il seme della follia (1995), Dal tramonto all’alba (1996), Vampires (1998) e molti altri. Però, per Greg, Robert e Howard cominciò tutto proprio qui in questo chalet “in mezzo ai boschi”. Nicotero lo possiamo vedere più volte nella pellicola: infatti, sua è la mano posseduta, ormai “mozzata”, che attenta alla vita di Ash.
In realtà, molti della troupe fanno un cameo nel film tra cui lo stesso Sam Raimi: è proprio lui il cavaliere che nella scena finale riconosce in Ash il famigerato “Eroe che viene dal Cielo”. Persino Scott Spiegel fa capolino nella sequenza medievale. Suo è il pugno sulla destra (mentre a sinistra c’è quello di Raimi) che si leva per osannare Campbell, prima del taglio dei titoli di coda. Spiegel aveva ripiegato su questa piccola parte, dopo che ai provini per il ruolo di Jake gli avevano preferito Danny Hicks.
Come ormai è chiaro, quella di Evil Dead è una saga di famiglia alla cui chiamata non si poteva fare a meno di tornare. Chissà a quale sirena ha risposto Joseph LoDuca, compagno di liceo e compositore che da Within the woods alla recente serie Ash vs Evil Dead si è sempre occupato delle straordinarie colonne sonore. In Evil Dead 2 LoDuca concepisce musiche davvero suggestive ed epiche che arricchiscono ulteriormente la pellicola. Pathos e atmosfera non esisterebbero senza le sue lugubri note ad accarezzarci la schiena come il tocco di un morto.
LoDuca non fu il solo storico amico a tornare. A capo dell’animazione stop-motion, troviamo Tom Sullivan, curatore del trucco e degli effetti speciali sia di Within the woods che di Evil Dead. Anche qui, Sullivan, padre artistico del Necronomicon e dei deadites, mette all’opera il suo genio regalandoci effetti magistrali, grazie ai quali morti, fantasmi e incubi ci danzano davanti agli occhi. Inoltre, in Evil Dead 2 l’artista realizza un nuovo design per il Libro dei Morti, arrivando persino a “firmarlo”. Infatti, quando nel prologo introduttivo scritte di sangue iniziano a vergare il Necronomicon, osservando a testa in giù le ultime righe della prima pagina, è possibile leggervi il nome Tom Sullivan!
La danza al chiar di luna della “seducente” Linda, quindi, ha tutto il tocco di Sullivan, ma quella che la circondava non era certo una vera foresta. Sono ormai leggendarie le disavventure passate nei boschi di Morristown, Tennessee, durante le riprese del primo film. Per Evil Dead 2, però, Raimi decise di praticare un approccio più classico. Infatti, l’intero set fu la perfetta ricostruzione di uno chalet fra i boschi. De Laurentiis aveva offerto al regista di girare nei suoi studios di Wilmington, North Caroline, ma l’intera troupe preferì spostarsi a Wadesboro, distante tre chilometri, per evitare il disagio di una “sorveglianza” diretta della produzione. Il set dello chalet fu ricostruito all’interno della palestra del liceo locale, mentre la base operativa della troupe fu installata in una celebre location: un’antica casa coloniale, set precedente del film The Color Purple (1985) di Steven Spielberg.
Per il progetto, si è ben notato come Raimi abbia lavorato e pensato davvero in grande. Addirittura, lui e Spiegel avevano avuto l’intenzione d’ingaggiare Christopher Lee come voce narrate del prologo, ma per motivi di budget avevano scartato l’idea. In verità, la prima scelta era caduta su Paul Frees, attore e storico doppiatore e speaker radiofonico, che purtroppo morì poco dopo l’inizio delle riprese. Infine, fu assunto il talentuoso John Peakes che, oltre ad interpretare il professor Knowby, si occupò di narrare le origini del Necronomicon. Tristemente, proprio il 26 gennaio di quest’anno anche Peakes ci ha lasciati, ma un po’ di lui non lo farà mai, preservato per sempre fra le bobine di un vecchio registratore.
Alla fine, l’impegno di tutti questi abili professionisti fu meritatamente ricompensato. Evil Dead 2 ottenne un buon successo al botteghino, riuscendo a raccogliere 6 milioni di dollari insieme all’apprezzamento della critica, ma ciò che guadagnò davvero sarebbe andato oltre le più rosee aspettative. La pellicola, oggi cult del firmamento degli horror, lanciò definitivamente la carriera di Raimi e compagni, oltre a consacrare l’universo dei deadites. Com’è noto a tutti i fan, la saga è proseguita con L’armata delle tenebre, un remake nel 2013 e adesso sta rivivendo una seconda giovinezza grazie alla serie televisiva Ash vs Evil Dead, che riprende le vicende proprio trent’anni dopo gli orrori dello chalet. Le avventure di Ash, inoltre, sono proseguite nei fumetti. Dove L’armata delle tenebre era terminata, Ash continuò a lottare nelle variopinte pagine dei comics, esplorando strani e nuovi mondi alla ricerca di un modo per tornare nel suo, mentre arrivava là dove nessun Williams era mai giunto prima. Grazie alla “licenza poetica” degli sceneggiatori, Ash non solo ha combattuto contro orde di morti, ma ha avuto occasione d’incontrare personaggi come Xena, Vampirella, i supereroi Marvel, Freddy Kruger e Jason Voorhees, mentre attraversava il tempo e le dimensioni a causa del Necronomicon. Ash non è stato il solo a subire tale sorte. Nel 2015, la Space Goat Productions pubblicò la miniserie intitolata Evil Dead II – The official sequel before the other sequel che segue le peripezie di Annie, la figlia del professor Knowby, catapultata in un inferno dantesco a seguito degli eventi di Evil Dead 2.
Oltre a vantare un fiorente merchandising tra gadget, videogiochi e fumetti, la saga è entrata a far parte della memoria cinematografica, omaggiata in svariate pellicole come ad esempio Jason va all’inferno (1993), in cui compaiono sia il pugnale kandariano che lo stesso Necronomicon, oppure in La sposa di Chucky (1998), dove tra i vari oggetti fa capolino pure la motosega di Ash. Del resto, Sam Raimi avrà sicuramente apprezzato questa tendenza in quanto lui stesso adora inserire citazioni e dettagli succosi nelle sue pellicole e Evil Dead 2 non fa eccezione. Il più noto è senz’altro il guanto di Freddy Krueger che appare in un paio di sequenze del film. Questo omaggio era stato una risposta a quello che Wes Craven aveva dedicato a Raimi in A Nightmare on Elm Street (1984), in cui si può vedere Nancy (Heather Langenkamp) guardare Evil Dead in televisione. Craven, infatti, aveva citato La casa perché a sua volta Raimi aveva omaggiato il regista in quella stessa pellicola attraverso il poster de Le colline hanno gli occhi (1977). Il giovane così facendo aveva imitato lo stesso Craven che proprio ne Le colline aveva mostrato in una sequenza il poster de Lo squalo (1975).
Mentre scrivevo le avventure di Evil Dead 2 per celebrare il suo trentennale, mi è parso quasi di narrare una favola. Quali incredibili avvenimenti sono accaduti e quante persone straordinarie si sono mosse intono a Sam Raimi e i suoi amici così che il loro sogno si avverasse. Sam aveva il talento, la capacità e la creatività, ma sarebbero potuti benissimo non bastare senza una tenace costanza unita a una buona dose di fortuna, manifestatasi anche nei modi più incredibili! Queste doti, però, non sarebbero state sufficienti soprattutto senza l’appoggio di quella famiglia che Raimi si era creato. Evil Dead, infatti, è la lunga avventura di un gruppo di amici innamorati del cinema che si sono divertiti a raccontarci una storia (e a lordare Campbell). Grazie a questa passione anche noi, che sia stato nell’87 al cinema o nell’estate dell’90 insieme allo Zio Tibia durante la sua “prima grande putrevisione tv” o solo ieri, siamo entrati a far parte in questa grande famiglia e per ciò sarò loro sempre grata. E allora oggi così come trent’anni fa, ancora una volta, accomodiamoci e lasciamo che le luci si spengano. È tempo di tornare a casa.
Bibliografia
- Campbell, Bruce (2002). If Chins Could Kill: Confessions of a B Movie Actor. A. Weekly Books.
- Hanich, Julian (2010). Cinematic emotion in horror films and thrillers. The aesthetic paradox of pleasureble fear. Routledge.
- Konow, David Konow (2008). Reel Terror: The Scary, Bloody, Gory, Hundred-Year History of Classic Horror Films. Martin’s Press.
- Migneco, Fabio (2016). The eBook of The (Evil) Dead: Guida alla saga di Sam Raimi. La Case Books – Pop Icon Vol.4.
- Winston Dixon, Wheeler (2010). A History of Horror. Rutgers University Press.