Guida ai film horror più disturbanti che potete trovare in circolazione.

Prima di parlare di film horror disturbanti è bene specificare che non esiste una definizione universale per “disturbante”. Disturbante potrebbe essere definito come ciò che non vogliamo vedere, ma dato che il cinema è finzione lo guardiamo lo stesso per superare i nostri limiti. Cercheremo qui di fornire una panoramica il più completa possibile, ragionando per “campi semantici“, in modo da classificare i film horror disturbanti.

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Come per ogni argomento la cosa migliore da fare è partire dalle origini. Chiaramente ciò che 30 o 40 anni fa era “disturbante” oggi forse non colpisce allo stesso modo, ma non è una regola sempre valida. Prendiamo ad esempio il film più vecchio che prenderemo in esame, che non è horror ma di sicuro è uno dei più tosti: “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini (1975). L’opera “Le 120 giornate di Sodoma” del marchese DeSade serve a Pasolini come base per una pellicola che denuncia le atrocità del fascismo tramite torture fisiche e psicologiche. Consiglio a tutti questo classico, anche se serve di certo uno stomaco forte.

Entriamo ora davvero nel merito dei film horror più disturbanti.

Per quanto riguarda i classici non si può non citare “Cannibal holocaust” (1980) di Ruggero Deodato, super censurato e famoso, tra le altre cose, per la scena della donna impalata.
Altro must del “genere” è “Non violentate Jennifer” (1978) di Meir Zarchi. In quello che è il capostipite del rape & revenge potrete assistere a stupri, torture e ala famosa scena della vasca. Vietato ai maschietti.

Nell’ambito fantastico ai primi posti tra i film horror disturbanti sia per quanto riguarda la qualità della pellicola che gli elementi disturbanti si trova “It follows” ( 2014), di David Robert Mitchell. La scelta di mostrare poco (o a volte nulla) insinua nello spettatore un senso di inquietudine che diventa quasi insopportabile con lo scorrere dei minuti. Ancora più disturbante sia visivamente che psicologicamente è “Antichrist” (2009) di Lars Von Trier. Il film è una vera e propria escalation di violenza: vi farà distogliere lo sguardo più di una volta.
Aggiungiamo un consiglio bonus: “Morituris” (2011) di Raffaele Picchio. Prologo e titoli di testa interessanti portano a una parte iniziale un po’ troppo lunga e buia, ma si tratta solo di avere pazienza. Una volta che la vicenda entra nel vivo non verranno risparmiate citazioni e soprattutto torture di ogni tipo. La scena del topo farà rabbrividire i più.

Cambiamo sfera di interesse, passando a quella realistica. Distingueremo tra film horror disturbanti ispirati a fatti veri e film che trattano di vicende potenzialmente realistiche.
Per quanto riguarda il primo gruppo sicuramente il podio spetta a “La ragazza della porta accanto“, film del 2007 di Gregory Wilson. Questa pellicola è tratta dal libro omonimo di Jack Ketchum, a sua volta ispirato al caso di Sylvia Likens. Sapere che ciò che si vede nel film è quasi edulcorato rispetto alla realtà rende la visione ancora più difficile. Di sicuro uno dei film più agghiaccianti sulla piazza. Il secondo gruppo (“film potenzialmente realistici”) ha come capofila “The Human Centipede 2 (Full Sequence)” (2011) di Tom Six. Rispetto al primo capitolo questo sequel spinge sull’acceleratore per quanto riguarda torture e follia. Assolutamente da vedere per mettere alla prova i vostri stomaci.

Anche “Martyrs” (2008) di Pascal Laugier è perfetto per testare i proprio limiti. Un insieme di torture fisiche e psicologiche applicate in modo metodico e continuo. Vi terrorizzerà.
Tra i due gruppi fa da ponte “The woman“, film del 2011 di Lucky McKee, che l’ha diretto e scritto in collaborazione con Jack Ketchum. Qui gli elementi disturbanti sono tutti psicologici, ma si insinuano nello spettatore lasciandogli addosso una sensazione davvero fastidiosa.

Anche i mockumentary non si fanno mancare alcune incursioni davvero estreme: citiamo ad esempio “The poughkeepsie tapes” (2007) di John Erick Dowdle o la serie “August Underground” (2001, 2003 e 2007) di Fred Vogel.

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