Il nuovo adattamento da “L’incendiaria” di Stephen King. La recensione di Firestarter (2022)
Firestarter è un film fanta-horror del 2022, diretto da Keith Thomas e scritto da Scott Teems, tratto dall’omonimo romanzo di Stephen King (“L’incendiaria”, 1980), che abbiamo visto in anteprima. Nel cast del film, uscito nelle sale il 12 maggio, troviamo Zac Efron e Sydney Lemmon, nei panni dei genitori di Charlene (detta “Charlie”), interpretata dalla piccola Ryan Kiera Armstrong.
Il film narra la storia di una famiglia in fuga da più di dieci anni da un’oscura agenzia federale, precisamente da quando i due coniugi Andy e Vicky hanno partecipato ad una sperimentazione segreta che ha permesso loro di sviluppare alcuni poteri paranormali. Andy sfrutta i suoi poteri lavorando come life coach, entrando nella mente delle persone e manipolandole per cambiarne desideri e pulsioni. La loro figlia Charlie, inoltre, sviluppa una particolare abilità pirocinetica che viene innescata dalle sue emozioni (soprattutto da rabbia e paura).
Addentrandoci nella trama del film attraverso la prospettiva psicologica che cerco di portare avanti (con il mio progetto “Psicocinè“, infatti, analizzo i film con “l’occhio della psiche”), vediamo come i genitori disquisiscano spesso riguardo il comportamento da tenere con Charlie: il padre ritiene che la cosa migliore da fare sia proteggerla, la madre insiste sull’insegnamento del controllo della pirocinesi, per cui la migliore protezione sarebbe insegnarle ad avere il controllo sui suoi impulsi. Vediamo infatti come nella camera della bambina sia presente un poster che descrive la famosa tecnica grounding “del 5, 4, 3, 2, 1” per affrontare un attacco di panico. Le tecniche grounding, proposte inizialmente dallo psichiatra e psicoterapeuta A. Lowen, hanno come obiettivo quello di riconnettere la persona alle “realtà basilari della vita: il corpo, la sessualità, le persone con le quali è in rapporto” (Lowen, 1991). La tecnica “del 5, 4, 3, 2, 1” tenta il raggiungimento di una condizione di calma facendo descrivere alla persona, che si trova nel pieno di un attacco di panico, cinque cose che riesce a vedere, quattro cose che percepisce al tatto, tre cose che riesce ad ascoltare, due cose che percepisce con l’olfatto e una sensazione che sta provando in quel momento. Da quando però Charlie entra nell’età puberale (undici anni), il controllo del fuoco risulta sempre più difficile. Ed è proprio un incidente scolastico, causato dall’uso sconsiderato del suo potere, che rivela la posizione della famiglia, la quale è costretta, ancora una volta, a fuggire.
Il film (così come anche il romanzo da cui è tratto) si inserisce in quel filone narrativo che vuole mostrare come la società vede nell’inizio della pubertà femminile “qualcosa di corrotto, terribile, numinoso”. Le credenze popolari riguardo la letalità del primo sangue mestruale e i poltergeist attirati dalla pubertà, hanno contribuito a mostrare la paura della società riguardo quel momento liminale in cui non si è né bambini né adulti, ma si può avere l’aspetto di entrambi (J. E. S. Doyle, 2021). L’adolescenza è infatti il momento in cui si sfugge al controllo sociale, per cui si può sfuggire sia alle regole imposte dai genitori, sia all’etichetta morale (e spesso moralizzante) che la società contemporanea addossa all’immagine dell’adulto, specialmente nel caso dell’adulto di genere femminile. Stephen King, molto sensibile a queste tematiche, aveva già provato a descrivere con successo questa dinamica nel suo primo romanzo “Carrie” (1974), portato sul grande schermo da Brian De Palma nel 1976 e da Kimberly Peirce nel 2013, riprendendola poi più volte anche dopo “L’incendiaria” (1980), come in “It” (1986), attraverso gli accadimenti incentrati su Beverly Marsh e sul suo gruppo di amici.
Firestarter (2022) tenta quindi l’impresa di riportare sullo schermo il romanzo del 1980 di King, dopo il primo film del 1984 di Mark L. Lester (arrivato in Italia con il titolo “Fenomeni paranormali incontrollabili”, indiscusso ispiratore della serie “Stranger Things” del 2016), e ci riesce abbastanza bene. Questo soprattutto per merito della buonissima colonna sonora di John Carpenter (con evidenti echi a quella di “Halloween”), di buoni trucchi prostetici che permettono vere e proprie incursioni nel genere horror, e di un’adeguata descrizione del rapporto famigliare con un’adolescente (che mancava al film del 1984). Meno buoni alcuni effetti visivi e il finale, esteticamente inferiore a quello dell’’84, e con solo un accenno al rapporto tra Charlie e John, l’agente inviato per darle la caccia (interpretato da Michael Greyeyes), il quale necessitava di un approfondimento psicologico ulteriore.
Al di là della precisione tecnica con cui viene elaborata, questo tipo di narrazione rimane qualcosa di cui oggi, forse ancor più di ieri, abbiamo bisogno, quantomeno per iniziare ad interrogarci sulla struttura sociale del nostro vivere e sulle dinamiche a questo connesse. Perché ancora oggi, per la società, “Prima di essere una persona, una ragazzina è un portale che in ogni momento può aprirsi e da cui qualcos’altro può strisciare fuori.” (J. E. S. Doyle, 2021).
Fonti:
“La spiritualità del corpo” (A. Lowen, 1991);
“Il mostruoso femminile” (J. E. S. Doyle, 2021).
Titolo: Firestarter
Titolo originale: Firestarter
Regia: Keith Thomas
Attori: Zac Efron, Sydney Lemmon, Ryan Kiera Armstrong, Michael Greyeyes
Paese: USA
Anno: 2022
Genere: Fantasy, Fantascienza, Horror
Durata: 94 minuti