Il regista di The Butterfly Effect torna al cinema con un warhorror ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale. La recensione di Ghosts Of War.

Dal secondo conflitto mondiale in poi gli americani sono andati in guerra per proteggere, salvare e risolvere problemi creati da qualche cattivone totalitario. Ovviamente, con gli anni e i conflitti che sono seguiti alla WWII, quell’immagine buona dei soldati USA che arrivano con la cioccolata e la Coca-cola per i bambini sopravvissuti alle bombe e i rastrellamenti, è sbiadita fin quasi a sparire. Gli Stati Uniti però questa favola continuano a raccontarsela, spingendo i propri giovani in missioni terribili dove non sono accolti, con loro sorpresa, come dei salvatori, ma come invasori a tutti gli effetti

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Secondo Eric Bress, sceneggiatore e regista di Ghosts Of War, la Seconda Guerra Mondiale fu la “guerra buona”. Non è un caso che abbia scelto proprio quella per dare l’avvio alla sua sorprendente storia, ma andiamo con ordine. Ghosts Of War è un film del genere “soldati vs. le tenebre soprannaturali”, filone che mi ha sempre lasciato perplesso. Come può un fantasma, un demone Kandariano o un pagliaccio con i denti da squalo e i palloncini colorati, impressionare dei soldati che hanno appena visto i propri compagni sbudellati dalle bombe o magari sono tornati da una missione in cui un maggiore esaltato gli ha ordinato di trucidare donne e bambini? Basti pensare che durante la guerra in Vietnam, (quella in cui gli americani cercarono di salvare i vietnamiti dai terribili comunisti “pedofaghi”) accaddero cose talmente atroci che nessuno badò ai festini commessi da uno dei più terrificanti serial killer del secolo scorso: Arhtur Shawcross, anche lui in servizio presso lo zio Sam, era accanto ai Rambo e i Biancaneve. Prima che tornasse a casa e si sfogasse con donne e bambini americani, Arthur si divertì alla grande con le anonime contadine dei villaggi. Le appendeva a testa in giù e le sventrava nella giungla, tagliando ninnoli di carne da portarsi appresso per ricordo.

Questo nell’indifferenza generale dei suoi compagni di battaglia, che non avevano la lucidità mentale per far caso pure a quello che combinava Shawcross. Del resto, statisticamente, Julia Briggs disse che durante il primo conflitto mondiale, il mercato delle ghost stories si esaurì: l’inferno della guerra rendeva le storie di spiriti banali e sciocche, mentre oggi possiamo dire che la lotta al terrorismo e le “missioni di pace” a distanza, in Afghanistan e Iraq abbiano dato vita a una rinascita dell’horror cinematografico, sia con storie di fantasmi tradizionali (Insidious e la serie Hill House) che il violentissimo filone dell’home invasion.

Un conto però è metabolizzare con l’arte le paure del proprio tempo; un conto affrontare direttamente il binomio orrore reale e orrore soprannaturale in un crossovering tra guerra e horror. Certo, ci sono stati e continuano a esserci tentativi. Il più riuscito, ma solo in ambito letterario, fu il racconto di Ambroce Bierce, Accadde al ponte di Owl Creek, citato apertamente da Bress nel suo Ghosts Of War. Non è un caso che sia del 1886, un tempo in cui la guerra era sì orribile, ma non ancora ai livelli “danteschi” raggiunti con i due grandi conflitti del Novecento.

Per il cinema, escludendo La morte dietro la porta di Bob Clark del 1974, il primo tentativo riuscito di warhorror movie vero e proprio è La Fortezza di Michael Mann del 1983, tratto dal romanzo di F. Paul Wilson, in cui un gruppo di nazisti deve scontrarsi con una creatura millenaria che risiede all’interno di un castello romeno. Il film fu un disastro in termini commerciali e nemmeno la critica lo trattò benissimo, ma oggi è in via di rivalutazione. In anni più recenti abbiamo avuto Allucinazione Perversa di Adrian Layne (1990), capolavoro indiscutibile che rende omaggio in modo geniale al racconto di Bierce, attualizzandolo alla paranoia moderna; poi ci sono stati Dog Soldiers di Neil Marschall e Deathwatch di Michael J. Bassett, entrambi usciti nel 2002 e piuttosto buoni. Per concludere frettolosamente, come non menzionare il revival portentoso sui nazi-zombie e il capolavoro L’ombra della paura di Babak Anvari (2016)?

Tornando a Ghosts Of War, il film di Eric Bress è produttivamente piccolo e penalizzato da un uso becero del CGI, ha un cast modesto e dei personaggi caratterizzati in modo stereotipato, ma si basa su un’idea vincente che riesce a sorprendere e far riflettere duro sulla questione americana della guerra meglio di tante mega-produzioni zeppe di retorica e “attoroni”.
Il battaglione di soldati al centro della vicenda è sopravvissuto al bagno sanguinosissimo dello sbarco in Normandia ma finisce preda di spettri furiosi all’interno di un castello infestato nelle campagne francesi. Fin qui è lecito avere qualche perplessità, l’idea in sé è piuttosto prevedibile, ma Ghosts Of War non è assolutamente tutto qui. Non si tratta di una innocua storia dei fantasmi: è molto di più. Bress è il regista e sceneggiatore del pregevole The Butterfly Effect (2004, in coppia con J. Mackye Gruber) quindi aspettatevi un certo cambio di prospettiva rispetto a uno scenario tanto tradizionalista.

Ghosts Of War sembra spiegare una volta per tutte la necessità di film su spettri e soldati. La guerra e i mostri soprannaturali, le dimensioni altre e gli spiriti sono due cose collegate perché a) nulla più della follia di un conflitto militare può condurre gli uomini così al limite da permettergli di varcare il confine che separa i vivi e i morti. La mente sconvolta dalle bombe e gli spari diviene una porta spalancata su un mondo altro e un passaggio verso il nostro. E b) la percezione del fantastico tra le bombe, con visioni di santi e di soldati fantasma, è di per se stessa salutata positivamente dalla psicologia. Quando la realtà diventa insostenibile l’uomo ricorre agli spettri, così da metabolizzare i traumi e non implodere nella sua stessa follia raziocinante.

Ma c’è dell’altro. Bress sceglie la Seconda Guerra Mondiale per un motivo preciso. Vuole dimostrare che per quanto sia ancora percepita come una “guerra giusta”, non esistano guerre giuste, né dal lato dei vinti che da quello dei vincitori, alla faccia delle distinzioni manichee alla John Wayne tra buoni e cattivi, indiani e cowboy. È stato un conflitto sanguinoso e disumano, sovrapponibile e intercambiabile con le altre più sporche guerre che l’occidente ricordi, se lo si vive dal punto di vista dei soldati in battaglia. Qualsiasi soldato in battaglia.

La Seconda Grande Guerra Mondiale in fondo non è stata diversa dalle successive, in qualsiasi parte del mondo. Forse ha retto meglio sul piano della retorica ma quei soldati con la cioccolata hanno portato a casa, oltre il ricordo delle chiappe ricche di qualche contadina italiana, anche i volti dei bimbi tedeschi, decapitati da qualche zelante psicopatico marine.
L’esperienza della guerra è ogni volta l’esperienza di un inganno. I soldati finiscono per rendersi conto di essere pedine manipolate a piacimento da qualcuno che non smetterà mai di rimanere al sicuro e al potere, inviando “carne povera” verso le bombe.

In ogni film di guerra c’è la faccia disincantata di giovani invecchiati alla velocità di una mitragliata e lo sguardo sperduto e tradito di chi ha dato se stesso per una bugia. Gli spettri di guerra sono l’urlo millenario, congelato nel tempo, di chi ha pagato per qualcosa che non ha commesso e cerca riscatto.

Insomma, non c’è castello più infestato e inespugnabile del cranio di un soldato sopravvissuto a una guerra. Dietro quegli occhi, decine di spiriti vagano in attesa di una degna sepoltura che li restituisca all’infinito. Ma dovranno aspettare che anche il corpo di chi è sopravvissuto a loro, l’abbia per se stesso.   

Titolo: Ghosts of War
Titolo originale: Ghosts of War
Regia
: Eric Bress
Attori:  Brenton Thwaites, Theo Rossi, Kyle Gallner
Genere: Horror, Thriller, Guerra 
Durata: 94 minuti
Anno: 2020
Paese: USA

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