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Howard Phillips Lovecraft e il cinema

Lovecraft e il cinema

Perché i celebri racconti di Lovecraft non hanno altrettanto successo in versione cinematografica? Scopriamolo analizzando il fenomeno nel dettaglio.

Che Howard Phillips Lovecraft, creatore del mito di Cthulhu, sia stato uno dei punti di riferimento dell’horror dell’ultimo secolo è indubbio. Parlando di romanzi, troviamo la sua influenza in autori del calibro di Stephen King e George R. R. Martin. Mentre nel mondo del cinema dell’orrore i titoli cosiddetti “Lovecraftiani” sono tantissimi, da “Punto di non ritorno” a “La cosa”, passando per “Il seme della follia”.

Nonostante ciò, si fa fatica a trovare un film di successo che sia la trasposizione di uno degli inquietanti racconti dello scrittore di Providence. Certo, ci sono film come “Re-Animator”(1985) o “From Beyond”(1986), tratti dagli omonimi racconti. Ma non si può dire che la versione su schermo abbia avuto lo stesso impatto della versione su carta… E questa cosa sembra essere una costante del solo Lovecraft.

Se prendiamo infatti scrittori come King, Barker o Stoker, troviamo sempre un adattamento cinematografico di successo, riconosciuto come capolavoro non solo da un ristretto gruppo di fan. Ebbene, nel caso di Lovecraft il problema sta proprio nel punto forte della sua narrazione, ossia il “terrore cosmico”. Non è raro infatti, leggendo racconti legati al mito di Cthulhu, trovare creature o luoghi indescrivibili, per i quali le parole mancano all’autore stesso, che riesce a catturare l’essenza di ciò che vuole descrivere solo grazie a ingegnosi espedienti letterari.

E qui arriva la domanda principale. Com’è possibile quindi trasporre in un film qualcosa che dovrebbe essere, in teoria, indescrivibile? Semplicemente non si può. Qualora si tentasse di mostrare o riprodurre Cthulhu o luoghi e creature descritti da Lovecraft, si rovinerebbe quanto di speciale e inquietante trasmettevano quei racconti. Ed è cosa diversa rispetto agli altri scrittori. Ognuno infatti ha punti forti e punti deboli nella propria narrazione. Mentre per altri avere una riproduzione “visiva” del racconto non toglie niente e, anzi, a volte aggiunge qualcosa al potere terrifico delle parole scritte, per Lovecraft questo significherebbe il contrario.

Quindi Lovecraft e il cinema sono destinati a rimanere due cose scisse? Non per forza. Come si è già visto dai molti film di “impronta” Lovecraftiana, il modo di fare terrore dello scrittore di Providence è molto efficace anche su schermo. Solo che i suoi racconti devono trovare il regista adatto. Che li sappia trasporre nel modo giusto, mostrando e nascondendo nelle giuste quantità, pur rispettando il racconto originale.

Per avere un’idea di quello che intendo, pensate a “The Mist”(2007), film tratto da un racconto di King e dalla trama estremamente Lovecraftiana. Nel film si vedono creature, ma in alcuni momenti si intravedono solamente, nascoste in quell’espediente perfetto che è la nebbia. Ecco, se un racconto di Lovecraft dovesse mai trovare il modo perfetto per essere rappresentato, sarebbe in modalità simili. Senza avere la fretta di rivelare tutto, ma piuttosto lasciando allo spettatore parte dello sforzo nell’immaginare il terrore dietro l’angolo.

Recentemente, comunque, si è parlato di Del Toro per quanto riguarda una trasposizione cinematografica del racconto di Lovecraft “At the Mountains of Madness”. Sono solo voci, ma un regista di tale calibro e duttilità probabilmente sarebbe in grado di avere successo nell’impresa, vista la capacità che ha mostrato negli anni nel gestire l’horror (“Il labirinto del fauno” tra tutti). Speriamo bene.

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