Bernie Rao scrive, produce e dirige un horror sorprendente su una poltrona assassina – La recensione di Killer Sofa

Francesca attira i tipi strani. Quando l’ultimo stalker viene ucciso, la ragazza è a pezzi e cerca conforto dalla sua amica Maxi. Nel mentre qualcuno recapita una strana poltrona a casa sua, molto comoda e molto… possessiva. Il papà di Maxi, un rabbino con poteri mentali, intuisce che nel mobile si annida un essere ultraterreno.

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Uno spunto più assurdo potevamo aspettarcelo solo dalla Nuova Zelanda, da cui ci sono giunte le pecore assasine di Jonathan King e gli schizzacervelli di Peter Jackson. E Killer Sofa è un film divertente, ma che non se la ride. L’atteggiamento scelto dal regista Bernie Rao mira a impedire che un progetto così sfacciatamente ridicolo e parodistico, non si traduca in un filmetto demenziale. Gli attori recitano in modo molto misurato e il regista cerca di mantenere l’atmosfera più plumbea possibile. Ovviamente, quando entra in gioco questa poltrona (versione salottiera della pianta carnivora di Roger Corman e Frank Oz) è quasi impossibile prendere sul serio il film, ma è il film che prende sul serio se stesso, sapendo di risultare comico là fuori. Non è trash inconsapevole, per intenderci. Rao cerca solo di fare il suo dovere di regista horror. Quindi la tensione c’è e per quanto sia inevitabile qualche sghignazzo, alla fine guardiamo più un horror che una commedia.

Non si possono pretendere miracoli, ovvio. Siamo nella serie B pura. E la storia di Killer Sofa è quella che è: inverosimile, una poltrona posseduta da uno spirito malvagio. Il film però tiene botta fino alla fine, sorprendendo con un epilogo inconsueto. E ha tutti gli ingredienti per diventare un cult. C’è una certa originalità di fondo, visto che sfrutta la figura mitologica del Dybbuk, incubo incarnato che, tranne lo scrittore austriaco Gustav Meyrink e alcuni film come Il mai nato e Baskin: La porta dell’inferno, non molti hanno cercato di sfruttare nell’horror fiction, inflazionata dai soliti vampiri e lupi mannari. Di sicuro nessuno ha mai infilato un Dybbuk in una poltrona!

La protagonista, Francesca (Piimio Mei) che ci riconduce al fascino trasognato di Isabelle Adjani ma con più “carnosità”, è una ragazza che ha un rapporto difficile con gli uomini, a parte la sua capacità miracolosa di attrarre gli ossessivi (che lei definisce “appassionati”) finisce per avere una storia con un uomo scostante e molto geloso del proprio tempo libero; poi scopriremo il motivo. Indubbiamente Francesca è condannata a raccogliere fin troppa attenzione o elemosinarne poche briciole.

Il rabbino è un vecchio dall’aria provata, una sorta di Paolo Villaggio angolosassone, che nonostante la sua fragilità di cuore, è chiamato a combattere il Dybbuk. Lui per primo riconosce il malvagio, anche grazie a un talento magico che gli permette di vedere nel passato e quindi scovare quale cagione sia alla base del misterioso e terribile Killer sofa.

Bernie Rao tende a far parlare poco i personaggi e raccontare mostrando azioni e particolari. Per esempio, le due scene in apertura, entrambe molto forti sono senza dialoghi e didascalie. Siamo noi a dover interpretare ciò che vediamo. Anche più tardi, scopriamo particolari sulla vita dell’ultimo stalker di Francesca, semplicemente sbirciando nel pc dell’ispettore Bob Gravy (Jed Brophy) che è incaricato sul caso della sua morte. Si vedono due disegni infantili. In uno c’è una famiglia felice e in un altro due genitori separati da uno strappo netto nel mezzo del foglio poi riappiccicato insieme. Si capisce cosa c’è dietro la vicenda dell’innamorato ossessivo di Francesca, un divorzio, un’infanzia segnata dal dolore e la delusione. Intanto il poliziotto, che osserva le diapositive, si versa un goccio di whiskey nella tazza del caffè, segno che forse anche lui non se la stia passando bene sul piano famigliare, visto che beve sul lavoro e in un momento in cui le facoltà mentali dovrebbero essere al massimo della lucidità. Più avanti nel film scopriremo il reale significato di questa sequenza.

Rao, autore della sceneggiatura e ideatore dello spunto originale, sta meditando di realizzare anche un sequel, quindi siete avvertiti. Potremmo riparlarne, magari non del Killer Sofa, ma sicuramente del Dybbuk, che detto in termini grossolani, come il regista stesso ci aiuta a focalizzare, è “uno zombi ebreo”.

Titolo: Killer Sofa
Titolo originale: Killer Sofa
Regia: Bernie Rao
Attori: Jim Baltaxe, Jed Brophy, Piimio Mei
Durata: 80 minuti
Anno: 2019
Paese: Nuova Zelanda

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