Il Chucky di Lars Klevberg si rivela una riuscita horror-comedy. La recensione de La Bambola Assassina.
Arriva finalmente nelle sale cinematografiche il reboot de La Bambola Assassina di Lars Klevberg, regista che abbiamo già testato in Polaroid, il suo film d’esordio che nasce dall’omonimo cortometraggio e che gli ha spalancato le porte di Hollywood.
La storia vede Karen, una mamma single interpretata da Aubrey Plaza, trasferirsi con il figlio Andy (Gabriel Bateman) in una nuova città. Sono soli e faticano ad ambientarsi. Andy soffre per il vuoto emotivo lasciato dal padre scomparso e ha bisogno di trovare un vero amico. Ed è in questo contesto emotivo instabile che si inserisce perfettamente l’arrivo di Chucky.
Karen riesce in qualche maniera a regalare Buddi (nome del bambolotto prima del “battesimo” in Chucky) a Andy, nonostante l’oggetto sia estremamente costoso. Il nome Buddi è un piccolo omaggio alla genesi del Chucky originale: infatti Don Mancini si ispirò per il suo Child’s Play (1988) a una serie di vere bambole chiamate My Buddy.
E così inizia l’amicizia tra Andy e Chucky, un rapporto toccante che è il perno su cui ruota tutta la vicenda. Nascono infatti una serie di gag divertenti tra i due che sembrano un richiamo al quel cinema eighty fantasy-fantascientifico come E.T. o Corto circuito, e che ci porteranno a conoscere i due protagonisti e a provare una certa simpatia mista ad inquietudine nei confronti di Chucky.
Ma c’è qualcosa che non va in questo Buddi (lo scopriremo nel prologo): Chucky infatti, diventa “cattivo” e lo fa in una chiave del tutto nuova rispetto alla ricetta originale. Non ci sarà nessun serial killer che trasferisce la propria anima nella bambola tramite un rito voodoo. Il nuovo Chucky è un giocattolo robot, connesso a tutti i dispositivi della casa e allo smartphone. Ma soprattutto è dotato di intelligenza artificiale, e qui viene il bello, perché il giocattolo diventerà malvagio per via di una serie di esperienze che lo formeranno fino a farlo divenire uno stalker ossessionato da Andy e pronto ad uccidere chiunque si intrometta nella loro “tenera” amicizia.
La regia di Klevberg è impeccabile, quasi maniacale, ma la sua direzione sembra un po’ impersonale e si scorda di osare. La bella fotografia di Brendan Uegama è precisa e così artificiosa da dare un’aura “fittizia” al tutto, quasi fino a far sembrare la messa in scena una favola nera alla Burton. A produrre il film troviamo Seth Grahame Smith, sceneggiatore in passato di Orgoglio e pregiudizio e Zombies (di cui trovate la nostra recensione qui) e che al momento sta scrivendo la sceneggiatura di Beetlejuice 2, diretto da Tim Burton.
In termini di ritmo e divertimento, La Bambola Assassina si presenta con una prima parte molto coinvolgente, a volte addirittura esilarante, non si prende sul serio e mette in scena una horror-comedy molto meno cupa dell’originale. La seconda metà della pellicola invece perde un po’ di ritmo, ma subentrando la trovata dell’interazione tecnologica, viene rivitalizzato un finale che poteva rischiare di far sbadigliare.
Sorprende la buona quantità di sangue e sbudellamenti, che in un film VM 14 non mi sarei proprio aspettato. Molto convincente il pupazzo di Chucky, realizzato come nell’originale con un animatronic e in questa nuova versione con il supporto della CGI per le espressioni del viso, che ad un primo impatto mi hanno sorpreso non troppo positivamente, ma che si sono in seguito dimostrate efficaci proprio per la loro natura grottesca.
La Bambola Assassina di Klevberg parla della paura odierna della società verso la tecnologia. Un campo dove vediamo sempre di più le cose sfuggirci di mano: conversazioni vocali controllate per targettizzare le pubblicità, robot bipedi in grado di saltare e correre dotati di una forza sovrumana, algoritmi infernali atti a controllare psicologicamente milioni di persone tramite social network e piattaforme di intrattenimento. La paura per la tecnologia è agli inizi, ma presto tutti dovremo pensare a come difenderci da tutto ciò. Come tutti i film horror con i pupazzi, anche questa pellicola si fonda sulla pediofobia, la cosiddetta paura delle bambole o paura degli oggetti umanoidi che hanno movimenti corporei innaturali che ci inquietano.
In quest horror c’è tanta ironia, sangue a spruzzo e uccisioni macabre e al contempo esilaranti. Il film non prova neanche per un secondo a prendersi sul serio e si racconta come un’avventura preadolescenziale con dei richiami alla formula vincente del “gruppetto di ragazzini” della serie tv Stranger Things, ma anche del più antico Stand by me di Rob Reiner del 1986.
Una commedia horror leggera a tratti grottesca che trova spazio anche per piccoli ma significativi messaggi di denuncia sociale: cominciando dal prologo, dove si fa un accenno alle pessime condizioni di lavoro nella fabbrica vietnamita dove viene assemblato Buddi, alle scene di delirio collettivo nello “Zed Mark”, dove il consumatore 2.0 dà sfoggio della sua febbrile ossessione per il “l’ultimo modello”, fino al campanello di allarme nei confronti di una tecnologia sempre di più fuori dal controllo dell’essere umano.
In conclusione, questo reboot de La Bambola Assassina non fa gridare al capolavoro, ma si afferma come una buona horror-comedy che strappa qualche risata e strizza l’occhio ai cultori dell’horror con una miriade di citazioni dei grandi cult.
Titolo: La Bambola Assassina
Titolo originale: Child’s Play
Regia: Lars Klevberg
Attori: Aubrey Plaza, Mark Hamill, Gabriel Bateman
Genere: Horror
Durata: 90 minuti
Anno: 2019
Paese: Francia, Canada, USA