La sostituzione del figlio. La recensione di Lamb.

Lamb è un film horror drammatico/fantastico del 2021 diretto da Valdimar Jóhannsson, al suo esordio nella regia, scritto dal regista con il poeta Sjón e prodotto dalla A24. Presentato in anteprima al Festival di Cannes del 2021, il film è stato distribuito in Italia da Wanted Cinema e, successivamente, in home video in formato DVD e Blu-ray da CG Entertainment. Lamb vede, tra gli interpreti principali, Noomi Rapace, Hilmir Snær Guðnason e Björn Hlynur Haraldsson.

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Nel film, una pecora di una fattoria islandese dà alla luce una creatura ibrida con testa e braccio d’agnello, e resto del corpo umano. La coppia di contadini proprietari della fattoria, María e Ingvar, decide di tenerla con sé ed accudirla come una figlia, in sostituzione della loro figlia biologica precedentemente e prematuramente morta, dandole anche il nome di questa – Ada – e facendola dormire nella sua culla.

Davanti all’enorme trauma della perdita di un figlio piccolo, averne subito un altro può a prima vista sembrare una buona soluzione per ridurre la sofferenza e smettere di guardarsi alle spalle. Questo spesso però non porta a completare l’elaborazione del lutto, processo fondamentale per arrivare all’accettazione della morte del figlio e per poter proseguire il proprio cammino di vita con i ricordi del passato e lo sguardo verso il futuro. La psicologa Silvia Vegetti Finzi asserisce infatti che dopo la morte di un figlio piccolo “sarebbe meglio aspettare” ad averne un altro, “anche per evitare di traumatizzare il nuovo nato affidandogli il compito gravoso di colmare l’ombra del fratello deceduto”.

Il film racconta, attraverso un espediente di fantasia e un’atmosfera da fiaba popolare, una dinamica frequente nella nostra società: l’incistamento in una fase di elaborazione del lutto e la difficoltà di districarsi dal punto in cui ci si trova, la difficoltà ad accettare l’evento e ad andare avanti (senza dimenticare quello che è successo ma integrandolo nella nuova vita). Quello di María è un lutto irrisolto, non elaborato: l’arrivo della nuova creatura le permette di fingere una normalità e una serenità che non ha ancora raggiunto, cercando di convincere se stessa, Ingvar e Pétur (il fratello di Ingvar) di stare bene.

Uno degli elementi più evidenti della storia è quello dell’isolamento: la vita lontana dalla società non permette alla coppia di confrontarsi con altre persone riguardo l’accaduto, e non c’è la possibilità di creare una rete sociale di supporto, che può essere un importante fattore di aiuto nel processo elaborativo. L’arrivo di Pétur, infatti, destabilizza la situazione, ma si trasforma velocemente in uno sguardo esterno giudicante, a cui la coppia risponde attraverso una posizione difensiva.

Anche a livello tecnico, Lamb rimane un’ottima pellicola: la fotografia dai colori algidi permette di inoltrarsi in un paesaggio inospitale e desolato, che rispecchia il paesaggio mentale dei protagonisti, e la performance di Noomi Rapace risulta davvero superlativa e capace di un’elevata tensione empatica. Il ritmo lento è funzionale alla progressiva immersione dello spettatore nella storia: in questo modo, infatti, egli arriva al punto di non poter più sfuggire alle tematiche trattate, assumendo un ruolo analogo alla celebre rana bollita del filosofo Noam Chomsky, dovendo necessariamente confrontarsi con i propri valori morali e con alcune tra le parti più recondite del sé.

Titolo: Lamb
Titolo originale: Lamb
Regia: Valdimar Jóhannsson
Attori: Noomi Rapace, Hilmir Snær Guðnason, Björn Hlynur Haraldsson, Ingvar Eggert Sigurðsson
Paese: Islanda, Svezia, Polonia
Anno: 2021
Genere: Horror, Drammatico, Fantastico
Durata: 106 minuti

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Riccardo Petilli
Sono laureato in psicologia clinica e appassionato di cinema. Con il mio progetto Psicocinè cerco di divulgare la psicologia attraverso il cinema, mostrando i concetti e i meccanismi psicologici più o meno nascosti all'interno dei film, ed esplicando gli effetti della cinematerapia.