Tutti i film di zombie diretto da George A. Romero per la prima volta in una collection. La recensione della Living Dead Collection

È da poco uscita in home video la Living Dead Collection, uno splendido cofanetto da collezione della Midnight Factory con tutta la saga dei morti viventi di George A. Romero, comprensiva di 20 ore di contenuti speciali. Questo mi ha permesso di tornare a parlare del “Padre” degli zombie e di dirvi cosa penso di tutti i film che compongono questo epico franchise.

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In questo articolo infatti, troverete una mia analisi di ogni film, le curiosità, le foto dei film e le immagini dell’edizione Midnight Factory. Se non sei tra i fortunati che si sono accaparrati la prima edizione della Living Dead Collection, devi sapere che l’etichetta horror italiana la sta ristampando per la nuova collana Midnight Gold (qui) disponibile dal 17 settembre, con tutti i contenuti extra e la splendida cover art realizzata dall’illustratore Paolo Barbieri.

La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968)

La notte dei morti viventi (Night of the Living Dead, 1968) è un film horror diretto, scritto (con John A. Russo), fotografato, montato e musicato da George A. Romero e interpretato da Duane Jones, Judith O’Dea e Karl Hardman, uscito il 1° ottobre 1968.

L’opera inizia seguendo Barbra e suo fratello Johnny mentre sono in visita al defunto padre, sepolto in un cimitero. Durante questo scomodo momento, e mentre Johnny scherza in modo lungimirante sulla venuta dei morti, i due vengono attaccati da una strana figura, un uomo che poi si rivelerà essere un morto vivente. Johnny muore nella colluttazione, tentando di salvare la sorella. Barbra riesce a fuggire e trova riparo in una casa di campagna, insieme ad altri sopravvissuti. Mentre i morti risorti assediano la casa, i superstiti organizzano una strategia difensiva e un’eventuale fuga.

Da sempre, il mio film horror preferito è La notte dei morti viventi. È uno dei film più amati dai fan del cinema horror e rientra nella top ten dei migliori film horror di sempre, grazie a una serie di caratteristiche che lo hanno reso un cult e un film di altissima qualità. La regia audace e sperimentale è l’elemento che colpisce lo spettatore, anche quello con meno nozioni cinematografiche. Le immagini claustrofobiche aumentano il coinvolgimento e la suspense, e le angolazioni estreme donano un aspetto psicologico profondo e coinvolgente. La fotografia, fatta di macchie di luce e zone d’ombra realizzate con dei pannelli, crea quel distacco surreale dalla realtà che coadiuva lo stato psicologico instabile dei personaggi.

La notte dei morti viventi codifica la figura dello zombie moderno, che fino a quel punto era legata a quella del voodoo. Le persone, dopo la morte, risorgono, tutte e non per la magia di uno stregone, ma per una punizione divina o per una catastrofe che viene da altri mondi. In modo del tutto inconscio, Romero racconta l’esasperazione del capitalismo e del consumismo tramite “uomini” che divorano altri uomini, una società che si divora e si distrugge. Ma le allegorie sono istintive e non premeditate; Romero vuole fare la sua versione de L’Ultimo uomo sulla terra e alla fine si ritrova con un gioiello politico che esprime le sue idee senza che lui riesca a contenerle. Se pensate però che la scelta di Duane Jones (attore nero) come protagonista fu “politica”, vi sbagliate. Fu un caso di colour-blind casting che tenne conto solo delle capacità dell’attore. Probabilmente si rivelò alla fine una decisione molto più politica ignorare il colore della sua pelle e considerare unicamente il suo valore come attore.

Curiosità:

  • È costato solo 114.000$ e ha guadagnato oltre 30 milioni di dollari in tutto il mondo.
  • È stato uno dei primi film dell’orrore a mostrare scene gore e di violenza esplicita.
  • È diventato di pubblico dominio subito dopo l’uscita a causa di un errore nei diritti d’autore.

Zombi (Dawn of the Dead, 1978)

Zombi (Dawn of the Dead), scritto e diretto da George Romero, è il primo sequel de La notte dei morti viventi. Nel cast troviamo David Emge, Ken Foree, Scott H. Reiniger e Gaylen Ross. La pellicola esiste grazie a Dario Argento, che ha prodotto il film e ha invitato Romero a scrivere la sceneggiatura in Italia.

Un enorme centro commerciale diventa il rifugio per due membri di una stazione televisiva e due membri della SWAT. Se inizialmente sembra un posto sicuro, alla lunga capiscono che quel luogo, con l’avanzare dell’epidemia, si sta trasformando in una prigione. L’unica soluzione è la fuga.

Dopo il primo film in bianco e nero, vediamo gli zombie di Romero a colori e il loro aspetto lugubre surreale. Il merito è di Tom Savini, che per la prima volta lavora con il padre degli zombie e decide di dipingere la loro pelle di grigio. L’effetto finale, però, sembrerà quasi blu in molte scene. Dopo una prima scena violentissima, dove la SWAT si scontra con i primi morti viventi in un condominio, il resto del film si svolgerà al Monroeville Mall, un vero centro commerciale in Pennsylvania. Questo elemento porterà la pellicola a diventare una forte critica al consumismo e allo stile di vita americano, ma la scelta della location fu un caso, o forse fu destino.

Il luogo si presta a mostrare la vita dell’americano medio nel suo habitat con i suoi sogni consumistici e i suoi bisogni materiali. Più d’azione rispetto al precedente, mette in scena comunque le dinamiche relazionali tra esseri umani che cercano di sopravvivere, che è ciò che viviamo ogni giorno ma senza il rischio così alto di morire. Cerchiamo di preservarci tramite l’alleanza, come i protagonisti, o creando gruppi predominanti, come i motociclisti. Le dinamiche che ne La notte dei morti viventi si generavano in una unica casa che fungeva da contenitore, qui si espandono in un ambiente più ampio che diventa quasi un microhabitat dove trovare ogni tipo di risorsa per la sopravvivenza.

Nonostante i protagonisti (non tutti ovviamente) riescano a salvarsi, la sensazione di sconfitta rimane. Ormai il mondo è finito, non c’è nessun Eden, nessun luogo dove trovare la salvezza.

Curiosità:

  • Ken Foree, che interpreta Peter, pronuncia una delle frasi più celebri della saga: “Quando l’inferno sarà pieno, i morti cammineranno sulla Terra.”
  • In Zombi (1978), il sangue finto era in realtà sciroppo di mais mescolato con colorante alimentare.
  • Tom Savini, che realizzò degli effetti speciali molto realistici, fu molto condizionato e influenzato dalla sua esperienza nella guerra del Vietnam, da cui era appena rientrato.

Il giorno degli zombi (Day of the Dead, 1985)

Nel 1985 arriva Il giorno degli zombi (Day of the Dead), il terzo film della saga zombesca diretto da George A. Romero. Nel cast troviamo Lori Cardille, Terry Alexander, Joseph Pilato e, in piccoli ruoli, Greg Nicotero e Tom Savini, quest’ultimo nuovamente anche a capo degli effetti speciali.

Lo scenario è sempre il mondo invaso dai morti viventi, e un gruppetto di persone, composto da scienziati e militari, ha trovato rifugio in una base militare sotterranea. Qui si svolgono esperimenti scientifici volti a trovare una cura per la pandemia zombie, sotto la protezione dell’esercito. Il Dr. Logan sta riuscendo ad “addomesticare” alcuni esemplari di zombie; il più ricettivo è un certo “Bub”. Tuttavia, il rapporto con i militari si inasprisce fino a rompere quell’equilibrio che li teneva tutti al sicuro.

Meno “action” rispetto al precedente film, questo terzo capitolo torna alla cupezza della prima pellicola della saga, aggiungendo elementi narrativi importanti come la “memoria degli zombie”, qualcosa che li porta a compiere gesti di una vita passata. Questo elemento aprirà creativamente le sceneggiature dei film successivi a situazioni ed evoluzioni imprevedibili, come la “coscienza di sé” de La Terra dei morti viventi. Non manca la critica sociale, che non punta più il dito contro il consumismo, ma contro il totalitarismo militare. È un attacco all’America che esporta democrazia imbracciando il fucile. Umorismo, scene splatter iconiche e un clima opprimente e claustrofobico sono gli elementi che caratterizzano Il giorno degli zombi. Da non dimenticare due personaggi che rimangono impressi nella memoria dei cinefili e che sono anche antagonisti nel film: il cattivissimo Capitano Rhodes, interpretato dall’azzeccatissimo Joseph Pilato, che ha la morte più spettacolare di tutta la saga, e il simpaticissimo e stranamente “buono” Bub, lo zombie adottato dal Dr. Logan e magistralmente interpretato da Sherman Howard.

Curiosità:

  • Romero rinunciò a più della metà del budget per il film per avere maggiore libertà artistica.
  • Lori Cardille, protagonista del film, è la figlia di Bill Cardille, che recitò nel primo film nei panni dell’anchorman della televisione.
  • Il libro che il Dr. Logan dà a Bub per i suoi test sul comportamento è Le notti di Salem di Stephen King.

La Terra dei morti viventi (Land of the Dead, 2005)

La terra dei morti viventi - 2005
La terra dei morti viventi – 2005

Sono passati 20 anni dall’ultimo film sugli zombie e finalmente Romero dirige La Terra dei morti viventi (Land of the Dead), il film con il budget più alto dell’intera saga: 10 milioni di dollari (ne incasserà 46,8 milioni). Anche il cast è più “ricco”, con Dennis Hopper, Simon Baker, Asia Argento, John Leguizamo e addirittura Simon Pegg e Edgar Wright, autori di La notte dei morti dementi, invitati da Romero per un cameo in cui interpretano due zombie incatenati.

Sono passati molti anni dall’inizio dell’apocalisse zombie. Le persone più ricche si sono rifugiate in una città fortificata chiamata Fiddler’s Green, mentre la povera gente si riversa per le strade, cercando di sopravvivere tra le orde di zombie fuori dalle mura e le tensioni interne alla città, che nascono dalle disparità sociali. L’eroe della storia è Riley Dembo, un esploratore delle zone infestate, mentre il suo antagonista è Big Daddy, un benzinaio non-morto che inizia ad apprendere osservando gli umani e diventa il leader di un’orda di zombie pronti a distruggere la città.

Nonostante La Terra dei morti viventi abbia ricevuto recensioni generalmente positive e sia stato lodato per il ritorno al genere zombie da parte del regista, questa pellicola introduce i famosi “temi sociali” che caratterizzano il cinema di Romero, ma in un modo esplicito e didascalico, discostandosi dal messaggio “velato” e a volte inconscio delle pellicole precedenti. L’avventura dei nostri eroi perde l’atmosfera cupa e desolante dei capitoli precedenti e mostra i “muscoli” dei soldi di Hollywood. I volti plastici degli attori e le “comparsate” dei pezzi da 90 come Dennis Hopper e le “starlette” come Asia Argento, danno un sapore mainstream a un’opera che porta comunque delle novità al flusso narrativo zombesco.

Questo film espande ulteriormente la critica sociale, affrontando temi di classismo e disuguaglianza. Gli zombie, guidati dal personaggio di Big Daddy, mostrano livelli di organizzazione e comprensione, sfidando la tradizionale narrativa degli zombie come mere creature istintive. Diventano sempre più le figure degli oppressi, di chi cerca con tutti i mezzi di ottenere il diritto all’esistenza.

Curiosità:

  • Premier al Festival di Cannes: Land of the Dead è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes del 2005, un onore raro per un film horror, sottolineando l’importanza di Romero nel cinema mondiale.
  • Land of the Dead segna il ritorno di George A. Romero alla regia di un film di zombi dopo ben 15 anni dall’acclamato Zombi.
  • Il finale originale del film era molto più cupo e violento, con la morte di tutti i protagonisti. Romero fu costretto a cambiarlo per volere della produzione.

Le cronache dei morti viventi (Diary of the Dead, 2007)

Le cronache dei morti viventi - 2007
Le cronache dei morti viventi – 2007

Diary of the Dead – Le cronache dei morti viventi (2007) è il quinto film della saga dei morti viventi diretto da George A. Romero. Questo film segna un ritorno alle origini per Romero, dopo aver lavorato con un budget elevato in “La Terra dei morti viventi”. Qui, infatti, il regista di origini lituane ha meno budget, ma molta più libertà di movimento e indipendenza. Nel cast ci sono Michelle Morgan, Joshua Close, Meaghan Martin, Shawn Ashmore e Alan Van Sprang.

Un gruppo di studenti universitari sta girando un film horror, mentre il mondo cade vittima di un’apocalisse zombie. Gli studenti, aiutati da un loro professore, cercheranno di mettersi in salvo, ma anche di documentare gli orrori che li circondano. Armati di telecamera, creeranno un video diario della fine del mondo.

“Diary of the Dead” è un film che non gode di molta popolarità tra i fan di Romero. L’uso abbondante di effetti digitali, mixati con quelli manuali, ha fatto storcere il naso a chi ha apprezzato l’opera precedente di Tom Savini, dove la vecchia scuola ha messo in scena sequenze splatter ormai leggendarie. Forse anche la scelta della tecnica del found footage, con il racconto narrato dalla telecamera tenuta accesa da uno dei protagonisti, è stata un’innovazione che va contro le aspettative della una fanbase romeriana.

Questo è un film horror indipendente perfetto proprio perché è imperfetto. È quella zona franca dove un regista come Romero torna a fare tutto quello che vuole, compreso “deludere” i fan cambiando stile. Ma non tutti gli spettatori sono uguali, e c’è chi, come me, ha apprezzato la volontà di “aggiornarsi” e di allontanarsi dal mainstream della parentesi “La Terra dei morti viventi”. In questa quinta pellicola, George A. Romero si rivela nuovamente avanguardistico nei temi e freme dalla voglia di aggiungere alla sua metafora politica dell’uomo come peggior nemico di sé stesso, anche l’evoluzione tecnologica dei media: internet, i cellulari e i social network diventano un nuovo strumento di informazione, ma anche di disinformazione.

Il POV della telecamera a spalla ci mette dentro la scena e ci coinvolge fortemente. Viviamo la catastrofe zombie in prima persona, come in un’esperienza virtuale super immersiva. È intensa e ci sembra di essere lì, spaventati e confusi, come se fossimo uno di quegli studenti protagonisti che faticano a capire cosa succede, ma al contempo stanno imparando a difendersi dai non morti.

Curiosità:

  • Anche in “Diary of the Dead” George A. Romero fa un cameo interpretando un ricco uomo d’affari che con un videomessaggio, cerca di rassicurare la popolazione.
  • Zombi “più veloci”: non corrono come gli infetti di “28 Giorni dopo”, ma i non morti di “Diary of the Dead” sono meno lenti e impacciati rispetto a quelli dei film precedenti.
  • Il titolo originale: Inizialmente, la pellicola doveva intitolarsi “The Death of Death”, scelta che rifletteva la volontà di Romero di rappresentare la morte dei media tradizionali che lasciavano il passo alle nuove forme di comunicazione. Il titolo fu poi cambiato in “Diary of the Dead” per evidenziare l’aspetto documentaristico del film.

Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti

Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti 2009
Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti 2009

“Survival of the Dead” del 2009 è l’ultimo film della saga dei morti viventi di George A. Romero. Nel cast troviamo Alan van Sprang, Kenneth Welsh, Kathleen Munroe e Devon Bostick.

La trama racconta la storia di due famiglie in conflitto che vivono sull’Isola di Plum, al largo della costa del Delaware, dopo che il mondo è ormai un luogo post-apocalittico invaso dagli zombi. Una famiglia, guidata da Patrick O’Flynn, crede che gli zombi possano essere “domati” e usati per i propri scopi; l’altra invece, guidata da Seamus Muldoon, vuole distruggerli tutti. In questa faida si troverà coinvolto anche un gruppo di soldati della guardia nazionale, guidati dal sergente Crockett.

Anche questo ultimo film di Romero non gode di molta popolarità, forse per via del ripetersi dei temi che ormai ci accompagnano dal primo film del 1968. Ma la saga dei morti viventi è sempre stata proprio questo, cioè ogni film è una finestra che si affaccia sull’apocalisse zombie; rimangono i temi principali come la coesistenza e l’oppressione dell’uomo sull’uomo (rappresentato come zombie), ma ogni nuovo capitolo ha delle sfumature diverse e tempi sempre più moderni. Ogni pellicola evolve gli zombi portandoli a “migliorare”, interagire di più. Alcuni si commuovono, altri diventano leader di un’orda e alcuni come in “Survival of the Dead” sono colti da un attacco di romanticismo: come Janet, una delle due gemelle figlie di Patrick O’Flynn che ormai divenuta zombie cavalca il suo cavallo per tutta l’isola senza una meta. Una delle cose più suggestive di questo ultimo capitolo.

In “Survival of the Dead” il tema principale è l’incapacità dell’uomo di cooperare per il bene comune e di imporre le proprie ideologie con la prepotenza, cosa che porterà gli uomini a perdere ancora la loro battaglia contro la pandemia zombie.

Curiosità:

  • George A. Romero aveva in programma di realizzare altri due sequel da filmare uno dopo l’altro, a cominciare da “La strada dei morti”. Sfortunatamente, la malattia e, infine, la sua morte nel 2017 hanno impedito che ciò accadesse.
  • Per la prima volta in un film della serie “Living Dead”, un personaggio di un precedente film ritorna per recitare in un sequel, con Alan Van Sprang nel ruolo del Sergente “Nicotine” Crockett, già visto in “Le cronache dei morti viventi” (2007).
  • Questo è stato il film di minor successo nella serie di film “Dead” di George A. Romero. Con un budget di 4 milioni di dollari, ne ha guadagnati solo 100.000. Anche le vendite dei DVD sono state inferiori alle aspettative.

Per completezza della saga dei morti viventi di George A. Romero, dovete sapere che esiste anche un fumetto in due volumi uscito per Marvel Comics intitolato L’Impero dei morti viventi (di cui esiste anche un 2° atto), che è un sequel della saga dei film Living Dead. La storia è molto interessante e introduce delle novità che, se fossero portate al cinema in dei film, sconvolgerebbero l’animo dei fan più estremisti. Ma non finisce qui, perché la figlia di Romero, Tina, sarà dietro la macchina da presa con Queens of the Dead, un’altra “finestra” sull’apocalittico mondo Romeriano, un sequel ufficiale della saga che mi auguro abbia tutto il supporto dei fan.

Concludo ribadendo che l’edizione “monstre” di Midnight Factory di questa saga è stata un’occasione meravigliosa per me, come recensore e amante del cinema di Romero, di poter vedere tutti i film in lingua originale in una qualità superlativa, e approfondire fortemente la mia conoscenza su Romero, con 20 ore di contenuti speciali che sorprendentemente non sono sembrati per nulla ripetitivi.

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