Due perle letterarie del Maestro del cinema italiano Pupi Avati.
Pupi Avati è sicuramente entrato nell’olimpo dei cineasti italiani di genere, soprattutto per merito di pellicole horror-noir come “La casa dalle finestre che ridono” o “Zeder“. Avati comunque non si cimenta solo con la macchina da presa, ma anche sulla carta stampata.
Oltre alla sua autobiografia, ha scritto anche due romanzi che richiamano molto le atmosfere dei suoi film. Uno è Il signor Diavolo (Guanda, 2018)e l’altro Il ragazzo in soffitta (Guanda, 2015).
Il ragazzo in soffitta ha come protagonisti due ragazzi delle medie. Il primo è Dedo, un bolognese “DOC”, l’altro è Giulio, che si è appena trasferito nello stesso palazzo di Dedo. Giulio nasconde un terribile segreto, che si svelerà completamente solo con l’aiuto del compagno di scuola.
La lettura scorre velocissima fino alla fine, ed è incredibile come Pupi Avati riesca a materializzare la immagini. Le descrizioni non sono neanche troppo minuziose, ma sono così realistiche che basta chiudere gli occhi per credere di trovarsi accanto si protagonisti.
Un ottimo esordio nonostante alcune rivelazioni un po’ prevedibili, che passano in secondo piano vista la grande tecnica con cui “Il ragazzo in soffitta” è stato scritto.
L’unico altro piccolo difetto forse è lo squilibrio nel disegno dei personaggi, poiché si passa da alcuni abbastanza ben definiti mentre altri hanno un background un po’ scarno. L’inquietudine è comunque assicurata in questo giallo urbano a tinte noir, ambientato nella Bologna tanto cara all’autore.
Ultima fatica di Pupi Avati è Il signor Diavolo, che ci porta dritti nella campagna polesinese degli anni ’50. Anche qui i protagonisti sono due ragazzi, sulla cui storia indaga un ispettore del Ministro di Grazia e di Giustizia. L’ispettore Momentè viene destinato al caso di Carlo e Paolino: il primo ha ucciso il secondo con la fionda, ma è sicuro di aver ucciso il Diavolo in persona, non il suo coetaneo. Momentè si troverà quindi catapultato a indagare nella campagna più tradizionalista e religiosa, scontrandosi con terribili racconti, leggende e chiacchiere di paese.
Già il titolo lascia presagire una direzione diversa rispetto a “Il ragazzo in soffitta”. In questo secondo romanzo il soprannaturale è ben presente, anche se il dubbio aleggia per tutta la narrazione, facendoci trattenere il fiato fino alla fine. Il lettore forse potrà credere di aver raggiunto la soluzione del caso molto prima del protagonista… ma la sorpresa è sempre in agguato.
Con Il signor Diavolo siamo di fronte a un vero e proprio racconto nero in pieno stile avatiano: è impossibile non pensare a “L’arcano incantatore” per le suggestioni horror e religiose. I personaggi sono più costruiti rispetto a “Il ragazzo in soffitta” (prendiamo ad esempio l’introduzione del personaggio di Momentè), elemento che amplifica ancor di più lo stile “cinematografico” della scrittura.
Entrambi i romanzi dimostrano il talento e la fantasia del regista-scrittore, distinguendosi positivamente nella narrativa contemporanea. Da Il signor Diavolo Pupi Avati dovrebbe trarre un film (ne abbiamo parlato qui)… speriamo non ci faccia attendere troppo a lungo.