Øvredal e Del Toro ci raccontano una favola di Halloween. La recensione di Scary stories to tell in the dark.
Nasce da una collana di libri per ragazzi Scary Stories to Tell in the Dark, il nuovo film di André Øvredal, che si era già fatto conoscere dal pubblico horror con l’apprezzatissimo Autopsy (2016) e ancora prima con l’originale mockumentary Troll Hunter (2010); quest’anno torna prodotto da Guillermo del Toro – il cui stile contamina evidentemente molti momenti della pellicola – con un film ispirato ai racconti dell’orrore di Alvin Schwartz, approdati da poco in Italia grazie alla DEA editore, ma che, nonostante le diverse campagne di boicottaggio, le proteste e i tentativi di censura, da ormai decenni circolano in America, terrorizzando grandi e piccini.
Perché, anche se ideate per un pubblico molto giovane, le storie di Schwartz sono dure, e le tematiche tenebrose si spingono assai più in là dei classici spauracchi gotici, avvicinandosi più ai mondi cruenti di Stephen King che all’atmosfera giocosamente oscura dei Piccoli brividi di R.L. Stine, e la pellicola ad essa dedicata, infatti, non tradisce l’anima prepotente di queste storie.
L’idea alla base del film si rifà a una delle tradizioni più blasonate del genere horror: c’è un gruppo di adolescenti emarginati, legati da un’amicizia profonda, che si muovono in un’America vintage (in questo caso siamo nel 1968, come ci ricorda, assieme ai bei costumi, l’incombere della guerra in Vietnam che scandisce l’avanzare della trama) e d’un tratto si ritrovano a combattere contro le forze del male.
Un’idea canonizzata soprattutto dagli immortali classici di King, basti pensare al club dei Perdenti di It o ai ragazzi di Stand by me, tipica dei classici anni 80, riportata in auge da Stranger Things e che oramai viene continuamente riproposta – perfino nel remake de La bambola assassina di quest’anno Chucky ha dovuto vedersela con una gang di ragazzini. Questa volta il gruppo di malcapitati non si distingue particolarmente, se non per il mezzo colpo di scena riguardo l’identità del protagonista maschile (Michael Garza).
La liceale Stella (interpretata da un’ottima Zoe Margaret Colletti) è un’aspirante scrittrice innamorata dell’horror. Incontra il giovane Ràmon la notte di Halloween, mentre con i suoi amici scappa da un bullo inferocito, e assieme si introducono in una casa abbandonata – e infestata, a sentire l’opinione popolare – e qui trovano il quaderno dove appuntava le proprie storie la figlia dei defunti padroni di casa, i Bellows.
Stella, affascinata da quel reperto, lo porta via con sé, ma presto nota che nell’inchiostro utilizzato al suo interno c’è qualcosa di strano, e che i protagonisti delle storie, invariabilmente destinati a una bruttissima fine, portano il nome dei suoi amici e dei conoscenti. Non ci mette molto a riscontrare anche nella realtà gli effetti di ciò che compare scritto nel libro.
L’autrice del sinistro manoscritto, Sarah Bellows, dopo una vita di abusi perpetrati dalla propria famiglia fu accusata dell’omicidio di molti bambini dell’area; Stella comincia a credere il suo fantasma operi attraverso quel libro che sembra essere stato scritto col sangue, e che desideri portare avanti il massacro dei ragazzi della città come aveva fatto da viva. Da questo punto in poi assisteremo alla disperata corsa contro il tempo di Stella e Ràmon, che cercano di arrestare i malefici effetti delle storie prima che anche il loro nome compaia tra le favole nere.
Si fa presto a immaginare che le terribili narrazioni della Bellows non siano altro che alcuni tra i più famosi e spaventosi racconti delle raccolte di Schwartz, che prendono vita sullo schermo l’uno dopo l’altro in un carosello di inseguimenti e violenze che tinge di sangue l’autunnale e sonnolenta cittadina dei protagonisti.
Spiccano per bellezza la fotografia, una buona commistione delle luci livide tipiche del regista norvegese e dei colori fiabeschi di del Toro, ed anche il design dei mostri, innovativo ed inquietante, anche loro simili alle creature partorite dall’immaginazione di Guillermo del Toro in precedenza, ma anche fedeli alle note illustrazioni di Stephen Gammell (criticate dai censori quanto le storie truculente di Schwartz).
Il disgusto che generano nasce dalla loro deformità, sproporzioni fisiche e asimmetrie: ricordano, a tratti, gli esseri che spesso compaiono nell’horror dell’estremo oriente. Quasi tutti i mostri sono attori sapientemente truccati e non prodotti computerizzati, e questo, come già ci aveva insegnato Muschietti col suo It (2017), rende l’effetto ancora più spaventoso, sembra quasi di poter odorare i loro peli sudici, e riescono a svecchiare l’immagine centenaria del mostro che insegue la vittima innocente, talmente ripetitiva in questo film che potrebbe finire per annoiare.
Il film non è privo di difetti: la trama, per quanto simpatica, non è granché originale, e per quanto le sequenze più spaventose siano bene o male riuscite non mancano jumpscare gratuiti ad ogni piè sospinto.
Il montaggio è un po’ disordinato, difficile da seguire in alcuni momenti.
Anche il colpo di scena più sostanzioso (che non sveliamo) è in qualche modo già intuibile fin dall’inizio, a malapena stupisce, e non cambia il sapore del film.
Scary Stories to Tell in the Dark non annoia, ma si lascia dimenticare facilmente: è troppo duro perché sia accolto con la tenerezza che suscitano altri film legati all’immaginario di Halloween e che possono intrattenere tutta la famiglia come i capolavori di Tim Burton, ma è troppo leggero e scontato perché diventi un pezzo forte nell’horror per adulti.
Ma nonostante la trama portante abbia le sue cedevolezze, ha al suo interno alcuni aspetti più interessanti e davvero riusciti.
Il film si assume la grossa responsabilità di raccontarci l’America alle soglie della guerra in Vietnam senza incrinare un equilibrio che già in partenza si regge tra il serio e il faceto, e lo fa con successo, utilizzando i riferimenti al conflitto come apertura e chiusura al termine di ogni sequenza, una decorazione che insegue il filo conduttore in modo da approfondirne il senso.
Un recensore più fantasioso potrebbe voler leggere un simbolismo nei mostri che assediano la vita dei giovani protagonisti: l’orrore della guerra, troppo grande per venir raccontato direttamente, si fa mondo inventato, un po’ come del Toro già aveva fatto ne Il labirinto del fauno (2006), ma la sottoscritta non si spingerà a tanto.
L’altro punto d’interesse del film è il suo desiderio di farsi lettera d’amore per l’arte della scrittura, di celebrare il potere che la parola scritta ha sull’anima delle persone, nel bene e nel male.
L’impegno come scrittrice della protagonista non è lasciato in secondo piano, anzi, è attraverso l’uso della penna che questa cresce ed impara e porta avanti la sua battaglia contro i mostri.
Fin dall’inizio del film i personaggi e le loro azioni ci parlano esplicitamente e implicitamente di come le storie parlino loro e li suggestionino, e la scrittura non è vista solo come mezzo per raccontare la vita ma anche agente influenzante degli avvenimenti, non per forza come veicolo soprannaturale ma anche come esperienza intima che porta a una maggiore chiarezza e maturità.
Da questo punto di vista Scary Stories to Tell in the Dark riesce completamente nel proprio intento di ricordare le proprie origini letterarie e rendergli omaggio come raramente il cinema riesce a fare, probabilmente in segno di rispetto a tutti i fan dei libri che hanno riempito le sale statunitensi.
Quest’interessante mescolanza di fantasie gotiche che si allacciano con meccanismi dell’orrore di stampo più moderno forse non passerà alla storia del cinema, ma certamente può essere un film divertente con il quale festeggiare questo Halloween.
Non sarà forse un capolavoro, ma ricorda allo spettatore, specialmente se affezionato al genere, la semplice bellezza delle più classiche storie di paura, dalle quali è poi nato tutto il resto, il cinema horror che tanto affascina con le sue chimere più tremende.
Titolo: Scary Stories to Tell in the Dark
Titolo originale: Scary Stories to Tell in the Dark
Regia: André Øvredal
Attori: Zoe Margaret Colletti, Michael Garza, Gabriel Rush
Genere: Horror, thriller
Durata: 108 minuti
Anno: 2019
Paese: USA