Miracolo del low budget, quando l’horror italiano parla internazionale. La recensione di Shanda’s River.
Il buon momento del cinema indipendente italiano permette nuovi slanci produttivi e soprattutto interessi distributivi che rendono estremamente vitale il panorama horror. Questa vitalità porta necessariamente risultati altalenanti qualitativamente parlando. Shanda’s River, secondo lungometraggio di Marco Rosson, si pone tra i migliori esempi di qualità nonostante budget estremamente bassi.
Shanda’s River vede l’interesse di Cine-Museum sotto l’aspetto della distribuzione in home video. Cine-Museum solitamente dedicata ad edizioni di lusso del grande cinema internazionale, punta in questo caso al cinema indipendente di casa, sottolineando quanto sia alto l’interesse del pubblico a questo specifico settore.
La ricercatrice universitaria Emma si reca a Voghera per effettuare uno studio su alcuni casi di esecuzioni di presunte streghe nel periodo dell’inquisizione e su alcune leggende che vi ruotano attorno. Si ritroverà presto prigioniera di un loop temporale dove viene quotidianamente uccisa dalla misteriosa setta dei redivivi.
Il plot affronta un tema già visto attraverso l’espediente del tempo bloccato che si potrebbe ritenere uno schema classico del cinema di varia estrazione, vedi Ricomincio da capo con Bill Murray o il più recente Auguri per la tua morte. Tuttavia è uno schema sempre fertile di soluzioni interessanti e permette di mettere alla prova la fantasia in fase di scrittura come anche in fase di regia.
Marco Rosson che ha già dimostrato le sue capacità con il distopico New Order (2012) non delude in una prova più strettamente horror grazie ad alla capacità evocativa di atmosfere oscure e la gestione della tensione che cresce ininterrottamente fino alla liberazione finale. Rosson risulta perfettamente a proprio agio in scene notturne dove la fotografia è tutto e proprio lì si incontrano gli insegnamenti dell’horror classico italiano e la scuola dell’horror moderno americano. Anche dal punto di vista iconografico i due estremi si incontrano caratterizzando in maniera adeguata le figure più evocative come Shanda stessa e le maschere dei redivivi. Punto di forza del film è senz’altro la presenza carismatica di Margherita Remotti (Emma), attrice austera e delicata nel contempo, in grado di affrontare gli eventi percorrendo la trasformazione necessaria per arrivare al finale.
Il film ha qualche ovvio inciampo. Un po’ difficili alcune scene di giorno dove viene meno l’atmosfera necessaria (traffico di macchine sullo sfondo e location non proprio eccezionali) e nonostante il potenziale di riconoscimento di una maschera che si apre ad una idea di franchise, i costumi risultano un po’ scolastici nella loro pulizia. Questi piccoli effetti di un budget di poche migliaia di euro vengono assorbiti perfettamente dalle capacità di Rosson e delle maestranze intervenute nel film. Un piccolo miracolo low budget quindi che si lancia verso un mercato internazionale e che proprio negli Stati Uniti vince una bella serie di premi; Los Angeles Film Awards, ,Tabloid Witch Awards e Independent Horror Movie Awards tra gli altri.
Pur non avendo trovato spazio nelle sale italiane, oltre alle ottime edizioni home video di Cine-Museum, il film è disponibile al grande pubblico anche su Amazon Prime.
Rimaniamo in attesa di eventuali seguiti dato che l’idea è palesemente aperta a futuri approfondimenti.
Titolo: Shanda’s River
Titolo originale: Shanda’s River
Regia: Marco Rosson
Attori: Marcella Braga, Claudia Marasca, Margherita Remotti, Diego Runko
Genere: Horror
Durata: 90 minuti
Anno: 2018
Paese: Italia