Buoni spunti psicologici poco sfruttati. La recensione di The Djinn.
The Djinn è un film horror del 2021 diretto e sceneggiato da David Charbonier e Justin Powell, al loro secondo lungometraggio dopo l’horror The Boy Behind the Door del 2020. Distribuito in Italia direttamente in home video in formato DVD e Blu-ray in edizione limitata con Midnight Factory, è disponibile anche sul loro canale digitale su Prime Video. Il film vede, tra gli interpreti principali, gli attori Ezra Dewey, Rob Brownstein, Tevy Poe e John Erickson.
La trama ruota attorno a Dylan, un ragazzino muto, che si trasferisce in una nuova abitazione col padre Michael, dopo il suicidio della madre. Dylan è attanagliato dal senso di colpa per la perdita traumatica della madre, e in una scena arriva a chiedere al padre: “Pensi che la mamma sarebbe rimasta se io fossi stato… Diverso?”. Il padre cerca di tranquillizzarlo con un banale e rassicurante: “Sei perfetto così come sei”, senza andare a fondo in una questione che probabilmente avrebbe necessitato di uno scambio relazionale autentico tra i due.
Non solo chi compie l’atto è, infatti, una vittima del suicidio, ma anche i suoi cari. Chi resta deve ricomporre la propria vita, e integrare l’evento nella propria mente può essere un processo difficile, soprattutto se affrontato in solitudine.
Nella nuova casa, Dylan trova “Il libro delle ombre”, un grimorio che permette di evocare un djinn, un’entità soprannaturale legata alla religione islamica (come il Genio di Aladino de Le mille e una notte) che, quando evocata tramite un preciso rituale, permette l’esaudimento di un desiderio chiedendo qualcosa in cambio: “Il dono che cerchi potrebbe costarti l’anima”, recita il libro. Nel momento in cui il padre esce per andare al lavoro, Dylan evocherà il djinn, chiedendogli di riacquistare la propria voce (mancanza per lui fonte di tanto dolore), andando incontro ad una notte di terrore.
Il film parte da uno spunto psicologico molto interessante: il naturale desiderio di sopperire alle mancanze, di ritornare a una situazione precedente, ora agognata e vista come idilliaca. Considerando le cinque fasi del lutto della psichiatra e tanatologa Elizabeth Kübler Ross, Dylan si trova nella fase della rabbia: si sente in colpa per il suicidio della madre e cerca un modo per far tornare tutto come prima.
Il giovane Ezra Dewey è in parte e lascia ben intendere i sentimenti di Dylan, grazie alla sua buona espressività. Anche la regia, che si sofferma sui particolari, è buona, così come anche la fotografia dai colori accesi. Il problema del film è il mancato approfondimento di situazioni e sentimenti, finendo per delineare un racconto scialbo, che avrebbe potuto dare molto di più. La lotta del ragazzino contro l’entità si rivela soporifera e stereotipata nonostante la breve durata del film (81 minuti), perdendo di mordente a causa di problemi di ritmo e dell’uso di una CGI non all’altezza.
È un peccato vedere le ampie possibilità di una buona storia davvero poco e mal sfruttate, ma non è detto che questo non possa essere un buono spunto per qualche storyteller per andare a sondare gli animi e i desideri di chi resta, dopo la morte traumatica di una persona cara. Un racconto all’altezza su questi temi potrebbe fare da specchio alle nostre emozioni, permettendoci di interrogarci su noi stessi e sulle nostre parti immerse nel buio, così come le migliori storie dell’orrore hanno saputo e continueranno a saper fare.
Titolo: The Djinn
Titolo originale: The Djinn
Regia: David Charbonier, Justin Powell
Attori: Ezra Dewey, Rob Brownstein, Tevy Poe, John Erickson
Paese: USA
Anno: 2021
Genere: Horror
Durata: 81 minuti