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The Evil Within – Recensione

The Evil Within - film - recensione
The Evil Within - film - recensione

Un ragazzo disabile parla con il male che alberga in lui attraverso lo specchio. La recensione di The Evil Within.

The Evil Within – film – recensione

Lo specchio come allegoria dell’introspezione, della auto-psico-analisi, della temeraria lotta contro la propria deforme esistenza. The Evil Within, il male dentro, il buio angosciante, il demone oscuro che alberga dentro il nostro intestino e lì assume connotazioni che è giusto non sapere.

Veniamo risucchiati così, inermi, nel vortice in cui il rampollo Andrew Rork Getty ci trascina senza via di scampo. Un lavoro rimasto in soffitta per quindici lunghi anni, quasi una benedizione artistica curata ed allattata come un figlio da nascondere prima che possa vedere la luce, una sceneggiatura ispirata da alcuni incubi mostruosi che fece il ricco erede della Getty Oil Company. Tanto reali da portarlo a pensare che fosse un’entità maligna a suggerirglieli. Una storia che assomiglia al prologo, ad una parte della sceneggiatura scarabocchiata a matita su di un foglio bianco e mai completata. Oppure ad una trovata di marketing, se non fosse che The Storyteller (questo il titolo originario) è stato, è e rimarrà un prodotto sconosciuto ai più. Andrew Rork Getty – dicevamo – ha parecchi soldi ed una passione, quella per i film horror, tanto da trasformare la sua maison in un vero e proprio mausoleo fatto di pupazzi e fantocci di sua produzione. Nel 2002 decide di mettere mano al portafogli della famiglia, finanziando con 6 milioni di dollari la realizzazione del film che verrà quasi completato solo sei anni dopo, nel 2008, quando nonostante l’astronomica cifra spesa non potrà essere comunque (post)prodotto. The Storyteller dovrà così tornare nella soffitta del ricco discendente, salvo poi rispuntare – chissà perché o per come – all’American Film Market dello scorso anno. Il titolo è cambiato, per l’appunto, in The Evil Within.

A contornare con un’aura ancora più misteriosa il lavoro di Getty sono i suoi comportamenti dentro e fuori dal set: pare girasse armato durante le riprese, faceva costante uso di cocaina e prostitute, minacciava i collaboratori. Riuscì addirittura ad ottenere un mandato di ordinanza restrittiva per la sua ex-ragazza, un’aspirante attrice di 32 anni, perché a detta del medico avrebbe potuto comportare “gravi rischi per la salute di Getty”. Sembra finita così, invece no. Il 31 marzo del 2015 il corpo di Andrew Rork Getty venne ritrovato riverso su di una pozza di sangue nella sua villa hollywoodiana, alla veneranda età di 47 anni e prima di poter vedere distribuita la sua opera. Le ragioni? Ulcera mal curata, insufficienza cardiaca e presenza di metanfetamina nell’organismo. Come se non bastasse, nello stesso mese di marzo ma di due anni prima – nel 2013 – la stessa sorte era spettata al co-produttore del film, Robert Stark Hickey, che si sparò accidentalmente al petto con un fucile da caccia che stava caricando a casa sua. Aveva 48 anni.

Ma cosa è contenuto in questo lavoro sembra essere nato in seno ad una maledizione? Innanzitutto è, al contempo, un test visivo ed emotivo: il recupero della propria normalità attraverso il rispetto delle sole regole (sociali) vere, contrapposte a quelle fasulle. “Devi uccidere un gattino, tanto per iniziare”, dice non testualmente il riflesso di Dennis (Frederick Koehler), un ragazzo diversamente abile che vive assieme al fratello John. Infondo, le persone intelligenti alle quali aspira il ragazzo ritardato fanno di peggio: ammazzano e mangiano gli animali. Come voler mettere a discussione questa semplice, inequivocabile verità? Solo che la voce interiore del piccolo Dennis parla, non si ferma, esagera. Continua imperterrita la sua predica affacciandosi da quella grossa superficie riflettente che nel frattempo altera la sua immagine, trasformandolo in un uomo pelato dalla pelle grigio violacea che è l’incubo nel suo incubo. Questa entità malefica lo possiede, calzandolo -in senso letterale- attraverso una cerniera zip che corre lungo la spina dorsale del ragazzone. Dagli animali si passa agli esseri umani, ai bambini per la precisione, e poi ad una gelataia che “non se lo scoperebbe nemmeno se la fica fosse di un’altra” o giù di lì. Mentre il fratello cerca di ricostruirsi una vita con la fidanzata Lydia, il desiderio sessuale inesploso di Dennis è sempre là, annidato come il ragno che fa capolino durante le sue notti insonni e freudianamente incarna il senso di disagio procurato dal confronto con la vita di John.

Il finale di The Evil Within mette il sigillo ad un prodotto profondamente disturbato, spingendoci dentro la fiaba macabra, dentro il teatrino animato dagli stessi fantocci che popolavano la dimora di Andrew Rork Getty. Potrebbe trattarsi di uno [SPOILER ALLERT!] raccontarvi che, nello spettacolo conclusivo di Dennis, Lydia viene trasformata in un burattino a cui l’alter ego demoniaco del ragazzo disabile dà voce, mentre il fratello maggiore assiste allo show incollato ad una poltrona. Potrebbe esserlo se Andrew Rork Getty avesse avuto in mente una sequenza narrativa classica, ma così non è: The Evil Within (o The Storyteller, se preferite) assume più la forma di un testamento di morte, il diario segreto contenente i deliri di un agiato rampollo statunitense.

Titolo: The Evil Within
Titolo originale: The Evil Within
RegiaAndrew Rork Getty
AttoriFrederick Koehler, Sean Patrick Flanery, Brianna Brown, Michael Berryman, Dina Meyer, Kim Darby.
Durata: 98 min
Anno: 2017
Paese: USA

 

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