La brutalità dell’omicidio come non l’avete mai vista, firmata Lars von Trier.
Il regista danese Lars von Trier non ha paura di essere estremo. Il suo ultimo film, The House that Jack Built, è stato presentato ieri al prestigioso Festival di Cannes fuori concorso. Dopo essere stato bandito dalla manifestazione nel 2011 per una battuta filo-nazista, von Trier ritorna in Francia con un prodotto estremamente controverso. Le reazioni a caldo dei presenti testimoniano la brutalità del lungometraggio, che ha costretto un centinaio di persone a uscire dalla sala durante la proiezione. Anche alcuni di coloro che sono rimasti dentro, hanno in ogni caso criticato aspramente il lavoro del cineasta danese, reo di aver messo in scena il massacro di donne e bambini. Altri critici, invece, hanno decisamente esaltato il film.
Un giorno fa è spuntato fuori il trailer del film, che con il suo ritmo scandito e le atmosfere anni Settanta lascia molto all’immaginazione. Viene però esplicitato il grande interrogativo del film: l’ambiguità della morale e il folle legame fra arte e omicidio. Il protagonista, un Matt Dillon nei panni del feroce ma freddo serial killer, lega indissolubilmente il mondo della carne a quello dell’anima. «I believe heaven and hell are one and the same».
La trama dell’opera si sviluppa lungo un arco di dodici anni e segue le atrocità commesse da Jack. Quest’ultimo è un assassino che considera i suoi omicidi alla pari dell’arte. Nonostante si sappia poco altro, è invece noto come alcune delle scene contengano una violenza senza pari. Frutto di lunga documentazione sulla figura del serial killer da parte dello stesso von Trier, il film sembra suggerire fra gli altri una somiglianza col mostro di Milwaukee (reale) e Patrick Bateman di “American Psycho” (finzione).
“The House that Jack Built” è destinato a dividere il pubblico, come ha già fatto con la critica. Siamo pronti a farci terrorizzare, senza vie di mezzo.