Mentre la luce di Laura si spegne, le tenebre seminate da Bob avanzano.
[Attenzione! L’articolo contiene spoiler]
Siamo, infine, giunti al fatidico giro di boa della stagione. Inizia con questo episodio, dal carattere più lineare e narrativo, la seconda parte di Twin Peaks che ci condurrà verso il suo compianto termine. Ancora una volta si ha la percezione di non osservare semplicemente una serie, bensì un lunghissimo film. Intrecci, situazioni e dettagli fanno parte di una accurata composizione. Sebbene non lo sembrino a primo impatto a causa dell’ampio respiro dell’opera, hanno un senso e una posizione logica nello spazio e nel tempo della storia. È necessaria solo un po’ di pazienza perché sia chiaro il loro ruolo. E se poi non lo saranno? Beh, Lynch ci ha abituati che la realtà è un punto di vista e che i punti di vista sono molteplici. Vorrà dire che toccherà allo spettatore darne un suo senso. Lynch ci fa questo regalo: la libertà di scegliere un’interpretazione.
In questa puntata, diviene chiara ancora una volta l’importanza della “scatola di vetro” di NY grazie a Gordon e ad Albert. Infatti, registrata da una fotografia, appare l’immagine del doppelgänger di Cooper all’interno della scatola. Non solo, a quanto pare Bad Cooper è strettamente connesso alla costruzione dell’esperimento newyorkese. Ma per quale motivo realizzarla? Vi è apparsa la Madre, poi vi è passato Dale, ed ora Bad Cooper. Questo luogo di transizione chiamato black box che scopo ha?
Inoltre, per Gordon e Albert iniziano a concretarsi sospetti di tradimento da parte di Diane che, inconsapevolmente o meno, sta comunicando direttamente con il doppelgänger. Dico “inconsapevolmente” perché voglio lasciare a Diane un margine di dubbio. Non voglio credere fino in fondo che la donna, legata così strettamente a Cooper, ora stia collaborando contro di lui.
In tale flusso emozionale, però, il tuffo al cuore ce lo regala Gordon che ha una visione di Laura Palmer. Disperata e piangente, la ragazza emerge da uno specchio, come uno squarcio su Fuoco cammina con me. La parte dieci è pregna in qualche modo della presenza di Laura, della sua luce, del suo retaggio. “Laura is the one” (“Laura è quella giusta”) dice a Hawk la Signora Ceppo all’interno del suo monologo. Di luce e stelle canta Rebekah Del Rio in “No stars”, scritta da Lynch. Il regista ci ricorda dove siamo partiti, ci rammenta che del bene c’è ancora, nonostante le tenebre di Cooper/Bob stiano soffocando ogni cosa.
Richard Horne, molto probabilmente figlio di Audrey e di Bad Cooper, ne è un torbido esempio. Un uomo senza pietà né empatia che fa terra bruciata intorno a sé. Pesta a sangue Miriam per evitare che lo denunci alla polizia e irrompe in casa, malmena e deruba sua nonna Sylvia sotto gli occhi impotenti di suo zio Johnny. Per certi versi, Richard è peggio persino dello stesso Bad Cooper in effetti, dato che né il doppelgänger né Bob hanno la “scusa” di non far parte di questo mondo, non sono propriamente umani.
La parte più scanzonata dell’episodio ce la regalano Dougie/Cooper e Janey, la quale si accorge solo adesso della prestanza di Dale di livello superiore rispetto al marito. Mentre Cooper si concede un po’ di scanzonato (e comico) sesso, la sua vita è di nuovo in pericolo, però. Infatti, Cooper/Bob, tramite Todd, ordina a Anthony l’eliminazione di Dougie attraverso la vendetta dei fratelli Mitchum. Non sappiamo se Cooper/Bob sappia completamente che Dougie sia stato sostituito dal vero Dale, tuttavia è chiaro che il mondo è troppo piccolo perché due doppelgänger di Cooper vivano.
E adesso Lynch? Dove ci porterai?