Twin Peaks - Recensione episodio 3x04
Twin Peaks – Recensione episodio 3×04

[Attenzione! L’articolo può contenere spoiler!]

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Ammettiamolo! Saranno passati anche 26 anni, ma rivedere la foto di Laura Palmer ci ha dato un certo brivido. Nella quarta puntata, infatti, si è toccato uno dei momenti più nostalgici di questa nuova stagione attraverso Bobby Briggs (Dana Ashbrook), figlio del Maggiore Garland Briggs. La reazione dell’agente di polizia è stata a dir poco struggente, mentre dinnanzi alla foto di Laura questi scoppiava in un improvviso pianto disperato. Le lacrime di Bobby ci hanno ricordato dove tutto è iniziato là nel momento in cui la piccola Twin Peaks si era congelata nello sgomento e nel dolore per la morte di una delle sue figlie, rappresentato memorabilmente dal pianto corale dei suoi coetanei di liceo. La scena, inoltre, è scandita proprio dalle note del tema iconico di Laura Palmer, brano di punta della classica colonna sonora di Angelo Badalmenti. Nonostante il tempo sia passato, Twin Peaks non ha dimenticato, così neanche gli spettatori possono ignorare il ricordo dirompente di Laura Palmer.

Per quanto sia sorprendente la sua trasformazione da “cattivo ragazzo” della serie ad agente del Twin Peaks Sheriff’s Department, Bobby inoltre è il realizzarsi di una vecchia profezia di Lynch: durante la seconda stagione, difatti Garland Briggs aveva visto in sogno un futuro positivo e felice per suo figlio in cui avrebbe fatto qualcosa di bello nella sua vita. Allora, né Bobby né gli spettatori avevano molta fiducia in questa prospettiva, ma 25 anni sono molti per costruire qualcosa di valore. Per di più, Bobby permette a Lynch di sottolineare di nuovo il concetto di cambiamento. Bobby è sempre Bobby, ma è diventato un uomo diverso. Così come Twin Peasks. La città come la serie.

Mentre in paese si cerca ancora ciò che è andato perso, neppure Cooper riesce ancora a ritrovarsi, anzi egli resta incastrato nella vita del suo doppelgänger, Dougie Jones, tra moglie e figlio che non sospettano di avere a che fare con tutt’altro uomo. L’ex agente dell’FBI non ricorda il suo nome, non riesce a vestirsi da solo, ripete solo le ultime parole ascoltate, ma un barlume di se stesso si fa avanti dinnanzi a quello che forse era il suo grande amore: il caffè. Mi son quasi commossa durante la scena in cui Cooper rivede una tazza di caffè dopo 25 anni, ma questo è un sentimento puramente personale. Cooper si sta lentamente e dolorosamente ricostruendo. Tutto per lui è nuovo, eppure una cosa così banale ma terribilmente famigliare come il caffè lo colpisce subito! Per chi è veterano della serie sa bene che Cooper non sopravviveva senza assumere della caffeina ogni tot ore al giorno. Era un po’ il suo marchio di fabbrica. La parola “Covfefe” che Cooper pronuncia dopo essersi ustionato, bevendolo frettolosamente, è diventata già un tormentone sui social! Pure Stephen King sulla sua pagina Facebook vi ha fatto un commento:

Convfefe is from NECRONOMICON, and actually means “Hail Cthulhu!”

Tuttavia, un altro momento inquietante ci suggerisce l’affacciarsi di un possibile barlume di consapevolezza da parte di Cooper, ovvero la scena dello specchio. Nell’episodio finale Oltre la vita e la morte, l’ultima volta che Cooper si era osservato allo specchio non era stato il suo volto a riflettervisi, bensì quello di Bob, lo spirito malvagio che ne sta possedendo attualmente il suo corpo. Addirittura, in quest’episodio hanno fatto indossare a MacLachlan un pigiama blu quasi identico proprio a quella sequenza. Cooper guarda la sua immagine con fare incerto, come se non si riconoscesse. Oppure come se si fosse aspettato di vedere qualcun altro?

Ora che Cooper e Bob sono nella stessa dimensione lo scontro sembra inevitabile. Anzi, a detta di Mike è proprio questo il motivo del fallito tentativo di trasmigrazione di Cooper nel proprio corpo: il conflitto condurrà uno dei due a morire. Inoltre, il volare di un gufo notturno sopra alla casa dei Jones deve metterci in allerta. Il gufo era l’animale in cui Bob poteva trasformarsi a piacimento. Percepita la presenza di Cooper in questo mondo, può Bob essersi trasformato un istante per controllarlo? Oppure è solo un sottile avvertimento di Lynch?

Di una cosa possiamo essere certi, però: Bob resta intanto rinchiuso in prigione e i primi a incontrarlo sono proprio Gordon e Albert. Dopo il benestare del capo dell’FBI, che con grande sorpresa si scopre essere Denise Bryson, interpretata sempre da David Duchovny, lo storico Fox Molder di X-Files, i due agenti rivedono finalmente Cooper, tuttavia ben amaro è il loro incontro. Il comportamento anomalo di Cooper/Bob non passa di certo inosservato. Al contrario, l’esile tentativo di giustificarsi con un lavoro sotto copertura non regge per i due vecchi amici, sebbene il nome Phillip Jeffries scateni in Albert sensi di colpa in quanto era stato lui anni orsono a presentare a Cooper tale collega.

Non sono solo l’aspetto inquietante di Cooper/Bob e la sua voce bassa a insospettire gli amici, ma anche il suo atteggiamento. Osservare Bob nel corpo di Cooper è davvero come guardare un guanto calzato da una mano che si muove. Albert e Gordon hanno di fronte Cooper, ma si rendono conto di non vedere lo stesso amico di un tempo, sebbene non si spieghino questo bizzarro disagio. Alcune idiosincrasie sono più evidenti di altre come le svariate ripetizioni nel parlato durante la conversazione, quasi come se Cooper/Bob fosse lento di comprendonio. Inoltre, Gordon riferisce un particolare ad Albert che solo lui poteva ben notare: “Non penso che mi abbia salutato in modo appropriato, se sai cosa intendo. C’è qualcosa che non va, seriamente.” Infatti, Cooper e Gordon avevano un modo di salutarsi tutto loro proprio perché erano molto amici. Un particolare, però, mi è balzato all’orecchio ascoltando la conversazione tra Gordon e Cooper/Bob: mentre quest’ultimo parla, gli sfugge una parola al contrario! Invece di dire “very, very good”, dice “yrev, very good”, ritornando per un secondo al tipico parlato degli spiriti della Loggia. Per quanto ne sappiamo, Gordon non è informato riguardo la loro esistenza, ma questo modo di fare e di parlare lo ha messo in allerta. Così, il nome “Rosa blu” viene ancora una volta pronunciato. Ma quali saranno le conseguenze?

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