Paura: è sufficiente pronunciare questa parola per accendere in ognuno di noi quell’emozione primaria che ci conduce in un altro universo; quello in cui regna l’oscurità e dove risiedono i nostri peggiori incubi. Eppure, se ci pensate, proprio quegli incubi in realtà non rimangono imprigionati in un’altra dimensione bensì si riversano proprio nella nostra società colma di crisi, solitudine, terrorismo, guerre, omicidi.
Ma cosa è per voi la Paura? Personalmente l’ho sempre interpretata come un gioco allusivo di luci e ombre, come un’entità a se stante che ci osserva, si infiltra nella nostra coscienza fino a logorarci, eh sì, perché noi tutti respiriamo la paura, avvertiamo il suo peso quando camminiamo, nonché la sua presenza mentre dormiamo.
Tornando al tema dell’articolo quale genere letterario e di conseguenza cinematografico desta più emozione se non l’horror? Tra l’altro è anche quello che, nel corso del tempo, ha subito una delle evoluzioni più diversificate, uno sviluppo dovuto proprio agli effetti speciali sempre più suggestivi, plastici, capaci di conferire realismo alle più sfrenate allucinazioni fantastiche. Ora tralasciando i classici, cosa è successo negli ultimi quindici anni di orrore cinematografico?
In effetti, esaminando le pellicole dell’horror contemporaneo possiamo notare una spiccata correlazione tra i vari generi che si differenzia in base agli influssi e soprattutto alle culture dei luoghi, come può essere il concetto di terrore per i nipponici diverso rispetto agli statunitensi, oppure ancora maggiore il cambio generazionale dall’horror classico maggiormente degli anni’80 nel quale la tecnologia ovviamente era quella di un tempo e tutto si basava sulla bravura degli scenografi e dei make-up artist.
Quindi il cambio o per meglio dire l’evoluzione della tecnologia, ha portato l’elemento terrificante al “fin troppo visibile”, quasi a divenire concreto.
Ad esempio, l’horror statunitense dopo il 2000 riassume in toto lo stile postmoderno, a tratti persino ironico con dei maestri del genere come Craven, Raimi, Carpenter, Romero, Dante, Roth, il quale ha diretto nel 2002 Cabin Fever, pellicola che riprende sia lo stile cosiddetto gore (basato su squartamenti, putrefazioni e vari spargimenti di sangue, la cui variante comica e paradossale è denominata splatter) e sia lo stile horror low cost inaugurato da The Blair Witch Project (1999) che a sua volta ha lanciato sul mercato il filone narrativo delle esplorazioni dei boschi da parte di gruppi di giovani sventurati. Nel 2005 sempre lo stesso Roth ha diretto Hostel, prodotto da Q. Tarantino, e pertanto non potevano non esserci elementi splatter. Esempi di horror insensati sono La casa dei mille corpi (2004) e La casa del diavolo (2005) di R. Zombie.
Saw (2004) di J. Wan invece ha dato inizio ad una vera e propria saga horror in sette capitoli fino a Saw 3D (2010), in cui paure impensabili e atroci si susseguono in spazi del tutto diabolici e claustrofobici.
Spostandoci da Hollywood, anche l’horror spagnolo merita il nostro interesse. Notevoli esempi sono i film di J. Balagueró, Darkness (2002), coproduzione con gli Stati Uniti, e Rec (2007), diretto con P. Plaza. Il regista messicano Guillermo del Toro Gómez è uno dei più ironici, in grado di attualizzare il demoniaco e il vampiresco: un filone che contamina il mondo fumettistico con quello cinematografico come si evince in Blade II (2002), mentre ne Il labirinto del fauno (2006) emergono gli stessi orrori della guerra in una storia fantastica, con richiami mitologici. Sulla scena inglese è da notare The descent (2005) di N. Marshall, divenuto in poco tempo un cult-movie. Pur da esterofilo, parlando di horror, non possiamo trascurare lo scenario italiano con il grande maestro Dario Argento, il quale dopo La terza madre (2007) ha voluto sperimentare una versione tridimensionale in Dracula 3D (2012).
Anche se abbiamo dedicato un intero articolo alla cinematografia del sol levante (Vai all’articolo sul J-Horror) non possiamo trascurare che negli ultimi quindici anni sono sbarcati ed a volte “usciti” dalle nostre televisioni. Tanto e vero che più di uno è stato riprodotto negli States realizzando dei remake occidentali e per non perdere la verve orientale fatti in collaborazione con registi nipponici. Come: The ring (2002), riproposto da Verbinski, poi The ring 2 (2005) diretto da H. Nakata, regista anche della versione originale del primo film, nonché di Dark water (2002); The grudge (2004) di Shimizu, che aveva già diretto la versione giapponese Ju-on, di cui tra 2000 e 2009 sono usciti ben cinque sequel.
Certo questa è una panoramica riduttiva, dove magari non abbiamo reso omaggio agli zombie che hanno affollato le sale, e (non parlo di quelli nello schermo). E non solo, siamo ben certi che ci saranno dei super geni dell’orrore laureati in BimboMinchiaggine applicata, pronti a dirci che l’esorcista è il miglior film di sempre, sicuro, ma quella è un altra storia, dove magari, eravamo più piccoli anche noi, e queste pellicole facevano veramente paura!