Midnight Factory ci propone il remake del capolavoro di José Ramón Larraz – La recensione di Vampyres di Victor Matellano
In un bosco della campagna inglese spariscono di continuo automobilisti e campeggiatori. Le responsabili sono due misteriose donne incappucciate. Vagano tra gli alberi e colpiscono appena possono sfruttando la propria avvenenza. Si tratta di Fran (Marta Flich) e Miriam (Almudena León), seducenti vampire condannate all’eterna sete. Questa routine si interromperà con l’arrivo di un uomo di nome Ted (Christian Stamm), capace di conquistare il cuore di una delle due predatrici…
Il film doveva segnare il tardivo e affascinante ritorno alle scene del veterano regista horror iberico José Ramón Larraz, che a 74 anni sognava di rifare uno dei suoi film più rappresentativi, risalente a 40 anni prima (1974). L’originale Vampyres, uscito da noi in Italia col titolo Ossessione Carnale è tra le cose meno “scadute” di Larraz, ma evidentemente il regista contava di spingerlo oggi a livelli estremi che al tempo non gli era stato permesso di raggiungere.
Victor Matellano, documentarista di horror culture e autore del modesto Wax (2014) avrebbe dovuto solo occuparsi della sceneggiatura. Purtroppo José è morto poco prima dell’inizio delle riprese e, superato lo sconforto iniziale, Victor a deciso di portare a compimento il progetto.
L’originale di Larraz aveva dei limiti ma una evidente forza, un’aggressività animalesca ingestibile. Vampyres non lascia indifferente nemmeno oggi un pubblico ormai saturo di pornografia e di violenza. E per due ragioni: restituisce al mito vampirico una fisicità quanto mai cruenta, feroce e inoltre trasporta sui letti del cinema di genere una veemenza mai vista, se non nell’ambito dei film a luci rosse (così si chiamavano una volta), con cui Larraz non ha mai avuto paura di contaminare il proprio cinema.
Niente morsi silenziosi ai bordi del riflesso albino, ma coltellate e lingue che guizzano su corpi agonizzanti, e che anticipa e forse ispirò le mattanze del capolavoro di Pupi Avati, La casa dalle finestre che ridono (1976).
Il remake di Victor Matellano doveva quindi vedersela non tanto con una storia a tratti un po’ traballante ideata dal vecchio Larraz, e che lui ha deciso comunque di rispettare, ma soprattutto con una componente spinta ancora più audace che nel film del 1974.
Eppure, Matellano mostra di conoscere bene la lezione del suo maestro. Sulle note di un violino sulfureo, assistiamo ai festini rabbiosi e lascivi delle due necromannare, tra duetti saffici in sella a un corpo sbranato o baci mordaci, sotto una cascata di nettare caldo che scroscia, appena sgozzato da un corpo/doccia appeso a testa in giù, sulle teste delle due vampire. Roba tosta che però ha lo stesso stile potente del film originale.
Veniamo però ai problemi evidenti di Vampyres. Per prima cosa è stato concepito da un artigiano ormai avulso alla scena horror moderna, che gli deve qualcosa, certo, ma che è cresciuta in qualità rispetto alle soluzioni narrative un po’ blande e i dialoghi scemi del vecchio cinema di genere. Il film quindi soffre evidenti limiti di scrittura che, in un contesto d’epoca ci farebbero sorridere ma li tollereremmo, magari aggiungendoli al fascino generale delle pellicole di una volta. Spostare questi difetti al giorno d’oggi ci suscita solo un senso di imbarazzo.
Matellano, con grande coraggio, sceglie di mantenere l’impronta tradizionalista, potremmo dire vintage, ma non sul piano estetico, come sarebbe stato facile opzione di un giovane regista tecnicamente brillante e d’attitudine arrembante ma con poche idee: farsi prendere da nostalgie che non gli appartengono anagraficamente.
Vampyres è proprio una roba d’altri tempi trapiantata in una dimensione temporale moderna. Ha quel ritmo blando, che trasforma i quasi 80 minuti in una piccola odissea di camminate a vuoto dei protagonisti per le macerie di una casa solitaria. E poi tradizionali sono gli effetti speciali e il modo d’intendere l’erotismo e la violenza. Immaginiamo un progetto simile in mano a dei cattivissimi francesi di oggi come Bustillo & Maury (A l’interieur) o Julia Ducournau (Raw)… di sicuro avremmo gustato qualcosa più in linea con i tempi per cattiveria e crudezza, ma probabilmente le nudità e il sesso sarebbero state più vicino all’abrasivo Torture Porn, mentre invece Matellano riesce a mantenere quell’impronta erotica signorile… porcellona ma signorile.
La scelta di trasferire la location in Spagna, dall’Inghilterra della Hammer dove Larraz aveva girato Ossessione Carnale non ha aiutato Matellano a ottenere un’atmosfera degna del prototipo. E anche le scenografie moderne finiscono per comprometterne il fascino generale. Negli anni 70 andavano molto arredi barocchi e caldi. Le stanze del piacere del film di Larraz, in cui si consumano delitti e passioni, erano arricchite da tutto quel baillame orientaleggiante e vecchia Inghilterra che sprofondava lo spettatore in un pozzo nero di sensuale orrore.
Nella “Spagna Britannica” del film di Matellano siamo in una macchia mediterranea solare e opaca, nei desolati e spartani anni 2000: i muri sono spogli, le suppellettili più essenziali. Anche un pianoforte scordato, in una camera moderna, non ha la stessa risonanza che in un’antica magione dagli echi sepolcrali. Un contesto simile, complice la fotografia di Daniel Salas Alberola (già presente in nel misero Wax) si muove su un blu e un marroncino patinati con l’orzata, che rendono il film visivamente fumoso e flebile.
Discreta la colonna sonora di José Ignacio Arrufat (La casa di carta) tra musica da camera rossa e qualche variazione in salsa Goblin. Mentre gli effetti speciali, piuttosto riusciti sono opera di Colin Arthur, che nel proprio curriculum prima di Vampyres vantava collaborazioni con Amenàbar (Apri gli occhi) e Almodovar (Parla con lei).
Il film non ha portato molta fortuna alle due vampire protagoniste. Entrambe hanno messo in stand-by la propria carriera attoriale per altri percorsi. Marta Flich è oggi una rinomata blogger ed economista che fa discutere la rete e non solo. Almudena León si professa ancora attrice sul suo profilo Instagram, ma sembra più coinvolta nel fitness, anche se posta volentieri immagini di scena del film di Matellano, dichiarandosi vampira impenitente ancora oggi.
Un’ultima curiosità riguarda la coppia di anziani acquirenti della villa. I più scafati riconosceranno lei, May Heatherly, caratterista americana che negli anni 70-80 ha lavorato tantissimo sia con noi italiani (Apocalypse Domani di Antonio Margheriti) che nel cult slasher Mil gritos tiene la noche (1982) meglio noto come Pieces. Lui invece è un veterano del cinema spagnolo, Antonio Mayans. Nel finale, Matellano omaggia i due vecchi comprimari con tenere inquadrature pretestuose, tanto per dargli la possibilità di provare la loro bravura ancora una volta. In particolare colpisce la scelta di indugiare sul vecchio Mayans che trova e poi osserva con rapimento il libro La morta innamorata di Gautier. Questo piccolo classico del romanticismo nero ottocentesco è l’oggetto McGuffin del film, citato all’inizio e letto anche ad alta voce dall’attrice Verónica Polo in un interludio “culturale” e un po’ agreste.
Il racconto di Theophile Gautier non è il solo rimando alto. C’è anche una spregiudicata riproposizione della celebre sequenza dell’uomo con la falce di Vampyr (1922) di Carl Theodore Dreyer. Messa lì un po’ a caso, per la verità. Da ricordare, anche se più per affetto che altro, la partecipazione di Caroline Munro (Maniac) nel ruolo di un’enigmatica locandiera.
Titolo: Vampyres
Titolo originale: Vampyres
Regia: Victor Matellano
Attori: Marta Flich, Almudena León, Christian Stamm
Durata: 76 minuti
Anno: 2015
Paese: Spagna